Dinosauri psicopompi

 Mi sveglio sempre prima

della fine dei sogni.

Staccata,

come se venissi ritagliata

con le forbici dalla carta.


 “poesia non c’è

alle nascite

alle morti” 

T. Różewicz

Quando cala il buio,

i fantasmi del mare si addensano,

si avvicinano, si nutrono sia della notte,

sia dell’acqua.

Quando spunta il sole, i fantasmi

corrono ancora sul filo dell’acqua.


 Spesso è l’oscuramento del cielo che conferisce al mare quel colore livido e scuro. Al momento della tempesta, nella cosmologia di Poe, appare sempre una nube singolare “color rame“. In questa orribile tempesta, sembra che l’escrezione di una enorme seppia, abbia nutrito, nella sua convulsione, tutte le profondità marine.

 

Imparare i nomi delle piante

e leggere l’opera omnia di Bachelard

in caso di sopravvivenza in tarda età.

I giorni a bordo scorrono velocissimi.

Il divenire della superficie.

Più geometria, più spigoli, più tagli.

Ho le braccia e le gambe piene di lividi. Le ferite

sulle mani,

in mare, non si rimarginano mai.

  

Apro l’acqua fredda ed esce calda,

i sogni si associano alla conoscenza.


I collage di Gemma Anton.

Piccoli aggiustamenti di rotta, il temporale incombe

sulla navigazione,

e non scoppia.

Se questi giorni fossero gli ultimi

 

 

C’è un topo che non mi lascia dormire,

di fronte al mio ormeggio.

Sta nella torretta dell’acqua potabile.

 La bambina viene posseduta da un demonio

e smette di vedere un colore alla volta,

prima di morire.

Mi ha detto la strega delle erbe, finché vede i colori,

va tutto bene. Il giorno successivo

la bambina confessa di non vedere più il giallo,

come il sole e le epidemie.

La bambina dice che io sono una farfalla spaventata.

“Un sangue debole di consistenza, una linfa rosacea”[i]

Non mi sono mai vista come qualcosa di delicato.


 

Ho gli occhi irritati dal sale,

la sabbia triturata tra i denti,

le ombre dense dell’isola si annidano

nello scricchiolio lieve della barca, stanotte,

la tua presenza mi ha fatta sentire sola.

 

Devo diventare aria.

 

 

La superficie oleosa del mare,

un lombrico,

una pelle di maiale.

Questo corpo è un animale

che mi sento gettato addosso.

 

“Così ho riunito tutti i cani che potevo

perché venissero nel letto con me;

e i topi hanno mangiato le colombe durante la notte.”[ii]


 

“Che c’è, Ondina?”

Tardivi, si chiamano i frutti che maturano in ritardo. Io provo sentimenti stabili che non sono capace di esprimere. In pieno sole sono cieca, solo qualche mosca nella cornea.


“io vi dichiaro guerra

superpotenze nucleari e insetti

evacuanti […]

vi concedo tre giorni

di tempo per riflettere.

Questo è l’ultimatum. Dopo,

ordino il fuoco.”

 

E. Isgrò

i.

si è fatto un calco della mia figa,

dice che mi ama così tanto

che non riesce solo a baciarla, a mangiarla

ma deve sputarci dentro il cibo

 

ii.

ogni notte sogno di farmi saltare il cuore

fuori dal petto con un pugnale

o un puntello

“che effetto faceva, essere bruciati vivi lungo tutti i nervi”

S. Plath

Le detenute assassine suicide che volevano aggredirmi e con le quali mi ero ritrovata nei bagni, a condividere i bisogni, sono le teste dell’idra che sono io.

 

“è il tempo più grigio

e dolce dell’anno, prima ancora

che brilli la bacca improvvisa

dell’inverno”

A. Bertolucci

dormire con la neve è un’altra forma

poi le macchie si susseguono due dita d’inchiostro

Gli alveari, le case immaginate, le distrazioni

i contrattempi

le guance rosse di novembre bambini

con i vestiti sempre troppo larghi, stretti

hanno gettato il sale sulle strade


Note

[i] A. Mutis

[ii] V. Sackville


Paola Silvia Dolci, nata e residente a Cremona, è ingegnere civile. Si è diplomata presso il Centro Nazionale di Drammaturgia. È armatrice e comandante dello sloop Noix de Coco. Collabora con diverse riviste letterarie. È direttore responsabile della rivista indipendente di poesia e cultura Niederngasse. Tra gli altri ha tradotto Maxine Kumin, Galway Kinnell, Christian Gabrielle Guez Ricord e Albert Camus.

Paola Silvia Dolci