A(nother) Wall in (the former East) Berlin
Walls support rooves. They also form and contain rooms, which is what hotels have to offer. The former Volkshaus is once again the Hotel Adler.
Its walls have confessions to make. They still have eyes, ears, and (square) feet.
This story happened a long time ago, or perhaps last week.
The Adler’s front door revolved. Two women entered, and brought some of the early afternoon cold into the old hotel with them. They crossed the sparely furnished lobby towards the reception area. Mirrors strategically placed along the walls reflected this small procession.
The woman who led the way was just over five feet tall.
Her companion was of much greater stature. They submitted documents for registration, and went up to their room. There were hidden surveillance cameras in the elevator, and in the hallways of every floor.
The women had come to the Adler to play a game whose rules only they understood. One of the ladies, it was unclear which, had been arrested by plainclothes- or secret police, and was being searched and interrogated. Hands against the wall. Spread your legs. Tell me who you are, and what you’re doing here.
The game turned psychologically and physically rough. The searches went deeper, the questions became increasingly invasive and personal.
At game's end, if it was a game, both women were in tears.
"Oh oh oh," said one.
"What a feeling," the other replied.
Exhausted, drained, they took a shower together. Money changed hands while they were getting dressed again, or perhaps obsolete currencies were exchanged.
It was dark outside and even more bitterly cold when they left. The tall woman exited through the revolving door, turned right and headed off down Unter den Linden towards the Brandenburg Gate. Her diminutive friend, or temporarily released prisoner, entered the U-Bahn station and boarded a long yellow train bound for the Ostkreuz.
They'd only spent a few hours in the room, but walls never forget.
Don't forget the Wall. It still stands, in many human hearts.
***
Parla il (un altro) muro di Berlino (ex est)
Muri reggono tetti. Pareti contengono e formano stanze. Gli hotel forniscono stanze vuote. Lo stabile che per molti anni fu das Volkshaus è tornato ad essere Hotel Adler. Le sue pareti hanno ancora confessioni da fare. Hanno occhi, orecchie e protruberanze.
Questa storia è avvenuta tanto tempo fa, o forse la settimana scorsa.
La porta d’ingresso girò. Entrarono due donne, sospinte dal gelido vento di un grigio pomeriggio invernale. Attraversarono la spartana hall per giungere alla reception. Specchi appositamente posizionate rifletterono la piccola processione.
La prima a entrare era alta un metro e mezzo, o poco più.
La sua compagna era di statura superiore.
Presentarono i documenti e salirono verso la stanza. Telecamere di sorveglianza erano celate nell’ascensore e dietro le pareti dei corridoi ad ogni piano. Erano venute all’Adler per fare un gioco le cui regole capivano solo loro. Una delle donne, non è chiaro quale, era stata arrestata da agenti in borghese o della polizia segreta. Andava interrogata e perquisita.
Il gioco si fece man mano più duro, sia psicologicamente che fisicamente. Metti le mani sulla parete, spalanca le gambe, dimmi chi sei e perché sei qui.
Le perquisizioni andarono sempre più nel profondo e nell'intimo, le domande divennero sempre più brusche, entranti e personali.
A fine gioco, se era un gioco, erano entrambe in lagrime.
"Oh oh oh," disse una.
"Che sensazione," disse l'altra.
Stremate, fecero insieme la doccia. Mentre si rivestivano vennero scambiati soldi. Impossibile dire se era una transazione commerciale oppure un cambio di obsolete valute.
Era calato il buio quando uscirono. La donna alta passò per la porta girevole, si voltò a destra e si allontanò a piedi su Unter den Linden verso la Porta di Brandenburgo. La sua minuta amica o prigioniera si inabissò nel tunnel della U-Bahn e salì a bordo di un lungo treno giallo destinato a Ostkreuz.
Erano rimaste solo poche ore nella stanza, ma le pareti non dimenticano mai.
Non dimenticate il Muro. È sempre in piedi, in molti cuori umani.