A Short Story About Hotel Goddess Diana Rigg

A friend writes from New York:

She was taller than I'd pictured her, a lot taller, and she was headed down the same street, in the opposite direction. My only chance was to sorta inadvertently bump into her. A gentle head-butt to the belly-button.

"Excuse me,” I said, and then, “Oh hey..."

Smoothly, she lowered her sunglasses and shot a look that said, Oh do you really think we have anything to say to each other? You have two seconds, little man, and one of them's gone.

Uhhhh.

She raised the shades, swiveled and made vast scissoring strides towards wherever she was headed. She was the big star in some Broadway musical or play. 

Even though she'd already cut me down to size, I ran after her as fast as my stumpy bowlegs could go. I skidded to a stop, got on my knees, raised my hands. We were just outside the Waldorf Astoria.

"Hey lady the Penthouse Suite, champagne, anything you want. Just gimme a half hour is all I'm askin'."

"Oh, well, I've never done it with a dwarf before."

This was the Swinging Sixties, when nobody bothered with little people or height-impaired or vertically challenged . The idea was, you tried everything, once. 

Normal-size people will never know the thrill: you take a big dame upstairs in a fancy hotel, and then give her back to the street all mussed-up and dreamy.  The beauty part was, I didn't even have to pay. Turned out she was already ensconced in that fabled dream-palace's Penthouse Suite, and her contract with the theater organization specified: hot n' cold running champagne. Whatever the lady wants, the lady gets. She got it, all right. 

Wish I could've taken pictures. But I started up a scrapbook after our encounter,  and I got memories you don't, big person whoever you are.

***

Cortometraggio con Diana Rigg

Un amico scrive da New York:

Era più alta di quanto imaginassi, ma di parecchio. Mi veniva incontro sul marciapiede. L'unica possibilità era di far finta di averla involontariamente urtata. Diedi una soave testata al suo ombelico.

"Scusi tanto,” dissi, e poi, “Oh, ehi... "

Abbassò piano gli occhialoni da sole e mi lanciò uno sguardo per esprimere, Ah ma davvero credi che abbiamo qualcosa da dirci? Hai due secondi, omino, e uno di quelli è già passato.

Ehmmm...

Rimise a posto gli occhiali scuri, girò i tacchi, bassi, e si ridiresse a maestose falcate verso dov'era diretta. Era la grande stella in qualche musical o commedia su Broadway.

Anche se mi aveva già rimbalzato a dovere, le corsi dietro alla massima velocità concessa dalle mie gambine storte. Inchiodai davanti a lei, caddi in ginocchio, alzai le mani per supplicarla. Eravamo di fronte all'Hotel Waldorf-Astoria.

"La prego, bella dama: la Penthouse Suite, champagne, tutto ciò che vuole. Basta che Lei mi conceda una mezz'ora, non chiedo altro."

"Ah. Si dà il caso che non l'ho mai fatto con un nano."

Erano gli anni 60. Non si diceva persone ipo-verticali o diversamente alti. C'era per aria l'idea che bisognava provare cose nuove, almeno una volta.

Voi di statura normale non saprete mai ciò che si prova a portare sui piani alti di un lussuoso hotel una bella donnona, per poi ridarla alla strada tutta smussata e trasognata. Ma la parte più bella è che alla fine non ho dovuto pagare niente. Lei era già ospite al Waldorf, e nel suo contratto con l'organizzazione teatrale c'era scritto: champagne a tutte le ore! Tutto ciò che vuole la Stella le va dato. L’ha avuto, e come.

Magari avessi potuto scattare foto. Ma ho tenuto un album di ritagli dopo il nostro incontro, e ho ricordi che tu non hai, persona alta chiunque tu sia.

matthew licht