Suite 1666 (part 1)
A man dressed in white checked in not long ago. According to his passport, he lived in Turin, Italy. He listed his profession as “entertainer”, and said he was in town on business. His white hair fell well past his broad shoulders. Any trace of dandruff disappeared against the snowy fabric of his suit.
The man in white hadn’t made a reservation. The only suite available was on the top floor, next to the elevator bank, with a view of the garbage dumpsters in the alley.
Other penthouse guests soon began to call reception with complaints that the air-conditioning had gone insane, that the Magic Fingers™ machines had launched themselves into overdrive, and that the TVs showed only static sparks which coalesced into horned silhouettes. The faucets and shower-heads in the bathrooms made human sounds and disgorged brown-red fluids.
A young couple who’d walked in off the street for a romantic dinner at the Kranepool Bar & Grille whispered to the Maitre d’ that the steak tartare tasted of human flesh. Decomposed human flesh.
The wallpaper on floors below the uppermost peeled off in strips to reveal disturbing graffiti.
The guests themselves took up strange behaviors after sundown. They flashed their flesh at each other, and at passersby, from the windows. They shouted obscenities at pedestrians who dared look away.
Several non-guests reported these incidents to the police.
Management barely convinced the responding officers that the matter was under control.
“When you have a problem and you don’t know what’s causing it or how to fix it, then you gotta call in a specialist.” The Manager known as Flenser fixed his basilisk stare on the Night Porter. “The trouble happens at night, and you’re the night man. Find the right person for the job, and make sure it gets done.”
The implication was, or find another job yourself.
Madame Ozmya answered her door in a black negligee and immediately said, “So you think the guy all in white on the highest floor is the devil.”
“Damn you’re good,” the Night Porter said. “But it doesn’t matter what I think. Management is intolerant of mirrors that scream, deep-freeze elevators and nudism in the lobby and the dining room.”
“What a buncha prudes. They should be glad to have a celebrity guest. Just gotta go the extra mile, is all.”
“At least the vibraphone music’s stopped.”
“What’re you talking about?”
When Madame Ozmya stepped aside to let the Night Porter into her room, a woman raced down the hall towards them. Her laughter was between hysterical and evil. “Look at me!” she shrieked. “Look at me!”
***
Suite 1666 (prima parte)
Un uomo vestito di bianco apparve al Kranepool e fece il check-in. Residente a Torino. Professione: intrattenitore. Disse di essere venuto in città per affari. I suoi capelli bianchi erano lunghi fin oltre le larghe spalle. Qualsivoglia traccia di forfora spariva contro il tessuto niveo del suo completo.
L’uomo in bianco non aveva prenotato. L’ultima suite disponibile era all’ultimo piano, accanto agli ascensori, con un panorama dei cassonetti nel vicolo dietro l’hotel.
Altri ospiti presero a telefonare alla reception per lamentarsi che l’aria condizionata era impazzita. In tivù c’erano solo scintille che si risolvevano in sagome cornute. Le rubinetterie dei bagni emettevano suoni umani e sgorgavano fluidi rosso-marroni.
Una giovane coppia venuta al Kranepool Bar & Grille per una cenetta romantica sussurrarono timidi al caposala che la tartare di manzo sapeva di carne umana. Anzi, di carne umana putrefatta.
La carta da parati sui piani inferiori si staccava a brandelli per rivelare inquietanti graffiti.
Gli ospiti si lasciarono andare a comportamenti inconsueti dopo il tramonto. Si mostravano indecentemente gli uni agli altri, e pure ai passanti, dalle finestre. Urlavano oscenità a chi osava distogliere lo sguardo. Alcuni non-ospiti fecero rapporto alle forze dell’ordine.
La Gestione riuscì a malapena a convincere gli agenti intervenuti che la faccenda era sotto controllo.
“Quando hai un problema e non sai qual’è la causa o come risolverlo, bisogna interpellare uno specialista.” Il manager chiamato Flenser posò lo sguardo da iguana sul portiere di notte. “Il problema si verifica di notte, e tu sei il portiere di notte. Trova la persona giusta, e fai sparire il problema.”
Era implicito: oppure trovati un altro lavoro.
Madame Ozmya, vestita di nero trasparente, aprì la porta della sua stanza e disse immediatamente, “Quindi pensi che il tipo vestito di bianco in cima alla baracca sia il diavolo.”
“Accidenti quanto sei brava,” disse il portiere di notte. “Ma non importa ciò che penso io. La Gestione non tollera specchi urlanti, ascensori congelati e naturismo nella hall e la sala pranzo.”
“Che masnada di puritani. Dovrebbero essere contenti di avere un’ospite celebre. Bisogna saper andare un po’ oltre, ecco tutto.”
“Almeno è cessata la musica di vibrafoni.”
“Ma di che parli?”
Quando Madame Ozmya fece per fare entrare il portiere di notte, una donna corse verso di loro per il corridoio. La sua risata era tra isterica e malvagia. “Guardatemi!” strillò. “Guardate me!”