MARK FELL + EXPLORE ENSEMBLE
Giovedì al Museo Pecci di Prato, con l’organizzazione congiunta di OOH-sounds e Nub Project Space, Mark Fell ha presentato il suo ultimo lavoro, una composizione per sei musicisti – Explore Ensemble - ovvero flauto, clarinetto, piano, violino, viola, violoncello.
La composizione, come altre opere precedenti di Fell, non ha una struttura scritta preordinata ma piuttosto consiste in una serie di indicazioni consegnate ai musicisti che vengono interpretate al momento dell’esecuzione, senza prove precedenti.
Gli strumentisti sono inoltre collocati nello spazio nell’ampio e curvo corridoio espositivo al primo piano del museo, come una falce di luna, ad una decina di metri l’uno dall’altro, per cui nessuno ha la visuale completa su tutto l’ensemble, col pubblico disposto in ordine sparso.
Mark Fell è un musicista con alle spalle studi di cinema sperimentale, grafica ed arti connesse, che parte dall’elettronica house e techno dei primi novanta, e successivamente vira su produzioni prosciugate e minimaliste, con uscite su Mille Plateaux tra gli altri, fino a raggiungere forme di rappresentazione sempre più articolate con performance, installazioni, orchestrazioni, seguendo un percorso di ricerca sugli algoritmi, intesi come processo di istruzione.
a) Il concerto, o meglio la performance, comincia con piccoli suoni, con spazi dilatati, vuoti e silenzi riempiti dal rumore del pubblico, numeroso in modo inconsueto, che ha la facoltà di muoversi tra le postazioni dei musicisti, spostandosi nella posizione preferita per l’ascolto.
Non c’è quindi un palco di fronte al pubblico ma gli ascoltatori che, spostandosi, tracciano dei percorsi lungo la galleria del museo oppure scelgono un punto di ascolto che privilegia un suono piuttosto che un altro, in una sorta di mixing “corporeo”.
Accordi sparsi di piano riverberano verso i pizzicati sulle corde, i soffi, i brevi bordoni del clarinetto basso che ogni tanto trovano sincronie subito disattese.
Non sempre tutti suonano tutto, anzi, e, seguendo vie indicate preliminarmente, ne sviluppano di proprie, in combinazione e/o contrasto, coerenti con uno stato di sospensione del tempo che si protrae per tutti i 59 minuti, non c’è un passato od un futuro, solo presente traslato. Finale puntillista, poi silenzio assoluto, respiro sospeso, applauso.
b) Tutto quanto scritto al punto a) è vero, tuttavia l’ascolto rimanda ad altre performance nelle quali il risultato esecutivo si esplica con piccoli suoni, brevi frasi, cluster di piano o altre interazioni sulle meccaniche degli strumenti e produce un’attesa di qualcosa non svelato.
Fell lavora sulla stratificazione e nel press sheet esclude la possibilità che la musica in esecuzione raggiunga una “forma ordinaria di comportamento collettivo”: diamo atto che ottiene il risultato ma allo stesso tempo, visto lo spessore e le capacità dell’artista ci si potrebbe attendere un passo oltre. Entrando in campo tecnico è più semplice frammentare e tenere i pezzi separati fino alla fine piuttosto che trovare, anche per brevi istanti, una comunione, una microstruttura da frazionare nuovamente. Oppure inserire un elemento altro, estraneo, un virus nell’algoritmo, un cntrl-alt-canc, un settimo esecutore sconosciuto con suoni collaterali. Invece no.
Mi è mancata la sorpresa, cosa c’è dietro l’angolo.
E quindi, in fondo, dietro la curvatura della notevole sala del Pecci, dopo il pubblico seduto per terra, superate le finestre che riflettono la luce ocra dall’esterno, passata la postazione del violinista Perks, rimane, silente come sempre, l’uscita di sicurezza. Alla prossima.
Photo: NUB Project Space