MUSICA DA

A cosa serve la musica? Domandona da lunedì mattina, pretestuosa, polemica, anticipatrice di proiezioni pessimistiche sul futuro? Macchè.

Oggi vorrei parlare della musica che ha uno scopo – tutta la musica ha uno scopo, direte – ma quella che lo ha nel DNA di partenza, nelle istruzioni per la composizione e l’uso.

Musica da: musica da ballo, musica da film, musica da ascolto (definizione di un negoziante di Hi-Fi durante la scelta di un paio di casse acustiche…), musica da aeroporti (Eno docet) e così via.

Nella sostanza è musica che deve sottostare ad alcune regole definite dall’ambito d’uso, e detta così sembra avvilire lo slancio creativo e la libertà per tracciare confini, perimetri – va di moda dire “perimetri” – e collocarla in seconda fila.

I limiti possono essere determinati da vari fattori, tecnici, dinamici, temporali, sonori: pensate alla musica da ballo, che, banalmente, deve far ballare, ovvero sollecitare più il corpo che l’anima, e che deve avere alcune caratteristiche strutturali per “funzionare” e quindi una intro con pochi elementi per facilitarne il mixaggio, momenti di climax, pause, forse una rullata fittissima per poi ripartire con le braccia al cielo, di nuovo pochi elementi per permettere la transizione verso un nuovo brano.

Oppure pensiamo alla musica da film, nella quale il compositore spesso si affianca alla regia in primis, e poi al montaggio per collocare il commento musicale negli spazi e nei tempi dettati da altri: spesso il compositore scrive un tema – qualche volta importante – che per tutta la durata del film trattiene, non esplicita.

Un accenno qua e uno là, come uno stuzzichino che non porta mai alla tavola imbandita, sottomesso e perso spesso nella trama e negli eventi, che solo come sottofondo ai titoli di coda riesce a esplodere finalmente nelle aperture armoniche e nella melodia del tema principale, ma purtroppo rovinate dalle luci di sala che si accendono, il pubblico che lascia i propri enormi contenitori di popcorn, i suoni delle notifiche degli smartphone e via così. Nota: se tra il pubblico c’è una persona che in silenzio rimane immobile fino a che gli inservienti non lo fanno uscire noi sappiamo che è lui, l’autore .

Ma torniamo al punto, perché può essere interessante anche indagare una forma di creazione musicale affine che è legata da vincoli d’uso, solo che in questo caso i vincoli sono connessi al luogo di esecuzione e/o riproduzione . Musica creata per un evento temporale e per uno spazio – site specific – che è o dovrebbe essere riconducibile in modo univoco ad un momento. Questo tipo di composizione controllata, che accetta uno o più limiti, diviene tanto più interessante nel momento in cui gli stessi limiti sono evidenti ed evidenziati e divengono parte dell’opera. E’ un concetto che di base è molto semplice, si torna alla idea di perimetro di cui sopra, solo come stimolo e non come ostacolo.

In questo settore troviamo artisti che hanno fatto della molteplicità e della capacità di adattamento la loro peculiarità e che tuttavia riescono a mantenere una linea comune nelle loro opere, quella linea che si chiama semplicemente stile.

Lo sviluppo di temi dati può essere anche un valido sollecito per musicisti e performer per impedirgli di appiattirsi su schemi ripetuti – la comfort zone – e cercare rinnovo e freschezza.

E poi la “musica da” può riferirsi anche a spazi virtuali e quindi anche musica da Stanza 251. Perché no?

 

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Roberto Cagnoli