RECENSIONE DEL DISCO CHE NON C'E'

Con una curiosa e piacevole anticipazione, preannunciata su FB, XO, ovvero Francesco Perissi domenica scorsa ci ha permesso di ascoltare il suo ultimo lavoro, un E.P. costituito da quattro tracce, disponibili solamente per 24 ore, per poi ritornare nei meandri dell'harddisk, in attesa di una veloce e meritata pubblicazione ufficiale.

Ovviamente non è un'operazione commerciale, ma un'opportunità, per tutti quelli che in qualche modo hanno incrociato il lavoro di Francesco, di capire la direzione intrapresa e restituire un feedback.

Francesco Perissi opera nell'ambito della sperimentazione sonora, principalmente utilizzando la chitarra elettrica in modo assolutamente non convenzionale e in diversi progetti sia in solo che con altri musicisti.

Il progetto solista X6 per chitarra esafonica, che ho potuto ascoltare live, consiste nel trattamento individuale dei suoni prodotti dalle singole corde e dalla inusuale distribuzione sonora dell'amplificazione con un impianto 6.1, ovvero 6 casse (una per ogni corda...) più un subwoofer per i bassi. Questa configurazione produce un esperienza di ascolto unica e straniante, i suoni attraversano lo spazio cercando la loro posizione che contribuisce alla stratificazione sonora in modo dinamico. Naturalmente non si parla solo di un effetto tecnologico, ma di una sorta di composizione istantanea, di improvvisazione, nella quale lo strumento è la chitarra ma lo strumento è anche lo spazio e la capacità di far muovere il suono arricchito di significato: il dove è importante quanto il come.

La nuova produzione è invece sempre un parto solistico, con strutture più articolate e la sorprendente presenza della voce.

La chitarra, come sempre trattata, spesso irriconoscibile, frantumata e granularizzata, produce sonorità iterative, ed è supportata da parti ritmiche, elettronica polverizzata e infine la voce.

Tutto l'insieme è un percorso interessantissimo e imprevedibile, con vari livelli di lettura e con la sicurezza naturale di chi conosce i propri mezzi e li utilizza al meglio.

Il mixaggio esalta i dettagli che è sempre bello cercare, i piccoli suoni di cui ci si accorge quando non ci sono, senza prevalere sulla composizione artistica di valore assoluto, con atmosfere sospese che ogni tanto sviluppano la tensione in aperture raffinate e mai ingombranti. E’ una musica da riascoltare, di spessore e di qualità, mai banale.

“Shine” apre con delicatezza, come il miglior David Sylvian, cominciando a tendere il filo, una preghiera, un gospel elettronico.

Un arpeggio sottile introduce “Cherish”, che si dilata a supporto della voce filtrata quasi recitante poi doppiata e appoggiata su note di basso, fino al grande respiro della chitarra lontana e distorta del finale.

La terza traccia, “Broken” ci trattiene per quasi quattro minuti su ticchettii modulati mai uguali fino al sofferto ingresso della voce che racconta fino a perdersi in un riverbero.

Si finisce con “Wordless” una cassa sintetica, meccaniche, loops, voce, crescendo di pads, la macchina che si spenge.

A questo punto non manca che la stampa, magari su vinile, con grafiche adeguate, per divenire uno dei migliori dischi del 2019.


Il sito di Francesco Perissi

Roberto Cagnoli