IL PENTIMENTO DI JON HASSELL
Ci fossero ancora i negozi di dischi, ci fossero ancora gli scaffali dentro i negozi di dischi, ci fossero ancora le etichette sugli scaffali dei negozi di dischi, ci fossero ancora i commessi appassionati dentro i negozi di dischi questi non saprebbero dove collocare il nuovo disco di Jon Hassell.
“Listening To Pictures (Pentimento Volume One)” è il nuovo lavoro del trombettista/compositore nato nel Tennessee 81 – ottantuno – anni fa e vissuto nel quarto mondo musicando, dal suo primo album “Vernal Equinox” pubblicato nel 1977 fino ad oggi, uno spazio trasversale tra nord, sud, est e ovest, nel quale gli stili, le tradizioni, la tecnologia si incontrano e generano nuove idee.
Decine di dischi e di collaborazioni spesso importanti, (Brian Eno, Nana Vasconcelos, Daniel Lanois, Wim Wenders) molti incroci con suoni e musiche etniche da cui importare la fisicità e il tocco umano e nelle quali inserire spesso incastri con le nuove vie dell’elettronica. Il passaggio alla prestigiosa label ECM a metà degli anni ’80 dura solo un album, poi in giro per concerti, nuovi incontri, Africa, le metropoli, i beats e i suoni urbani.
Ancora, qualcosa al limite della musica lounge da tramonto sulla spiaggia, troppo smussato e ripulito, alternato a lavori più interessanti e meno immediati sempre con attenzione ai suoni e alle possibilità degli studi di registrazione.
E siamo ad oggi.
Innanzitutto il titolo vagamente sinestetico e il sottotitolo, che si riferisce alle passate di colore “correttivo” che coprono errori o ripensamenti nella pittura, e poi la dicitura “volume one” che presume l’inizio di una serie di lavori su questa linea.
(Nota sulla grafica della copertina: sembra la busta di una boutique della riviera adriatica e svia assolutamente dal riferimento all’arte contemporanea del titolo stesso).
Fino dall’inizio si capisce infatti come il titolo e soprattutto il riferimento agli strati pittorici siano assolutamente pertinenti e riferibili alla struttura musicale: l’ascolto non prevede il focus su uno strumento, ma ad un insieme scomponibile nel quale si può scegliere (o essere scelti) di seguire una sonorità anziché un’altra, che anziché confondere consente ascolti ripetuti e rinnovati.
Il mood cambia col tempo – anche con quello climatico – si adatta al nostro stato d’animo senza forzare, sedimenta, si accumula e si sfoglia negli echi.
La tromba di Hassell, come di consueto, è filtrata – con l’uso dell’harmonizer, un effetto che ne moltiplica il suono da note singole ad accordi, ed altri trattamenti – e non è sempre riconoscibile tra suoni ovattati, frammenti di mondo, sintetiche percussioni, pianismi elettrici, soffi.
Hassell non fa il protagonista, compone e si scompone, ritorna alla regia, alla visione dell’insieme in cui i dettagli spesso vanno a posto da soli, galleggianti in un liquido amniotico produttivo e rigenerante.
Siamo qui, ad ascoltare questo giovane vecchio, o vecchio giovane, meravigliati ancora una volta di come la creatività, una luce aperta, gli orizzonti del mondo, possano ancora ispirare a fare, a pensare, a produrre un immaginario composito e persistente.
Siamo qui, e aspettiamo il “Volume Two”.
Jon Hassell (Live in Copenhagen, May 22nd, 2015)