ALGORITMICI

Ieri sera a Prato. Due spazi importanti che lavorano indipendenti ma in un certo senso coesi su obiettivi simili. Luoghi che vanno oltre la semplice forma architettonica, oltre gli allestimenti e oltre la loro funzione. Lottozero si muove partendo dal tessile, oltrepassandone però i confini, inglobando design, ricerca, coworking, residenze artistiche,  inserendosi nell’attività culturale pratese e non, con eventi paralleli che coinvolgono artisti di altre discipline. Spazio Materia - da Via Genova 17, una corte ad alto tasso di creatività – che propone/si propone come aggregatore di musica altra con programmazione connessa al territorio nazionale e internazionale e l’andamento zigzagante di chi non si accontenta, ad agganciare ambiti artistici diversi legati anche al divenire della società.

Il collettivo Phase ha combinato questi due elementi chimici ed ha ottenuto una serie di incontri di cui quello di ieri - in due parti – trattava di algoritmi, di come ci controllano e/o modificano la vita e infine di come utilizzarli per fare musica. Il talk ha visto la partecipazione appassionata di alcuni esperti di reti, comunicazione, media e di Renick Bell, musicista e insegnante, che si sarebbe esibito più tardi. La conversazione, con interventi anche del pubblico presente, dopo la descrizione del concetto di algoritmo applicato alla musica e del particolare procedimento compositivo di Renick Bell, ha seguito com’era prevedibile le tematiche suggerite dal fatto di questi giorni che coinvolge Cambridge Analytika e Facebook e l’uso e abuso dei dati personali. L’argomento, trattato sicuramente con competenza, merita ulteriori approfondimenti perché si presta a innumerevoli derive, pratiche, economiche, filosofiche, forse anche religiose.

 

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Da Lottozero ci siamo spostati allo Spazio Materia, pronto e ronzante,  e qui la sensazione di riuscire ad esserci “ora” si è consolidata. L’algoritmo, tema oscuro della serata, si rivela nella sua applicazione alla composizione musicale. Francesco Guijot ci introduce brevemente, illuminato da righe di codice proiettate sulle pareti. E’ il codice che produce il suono, ma è codice manipolato dall’uomo, direttamente sulla macchina (sulla Macchina?).

Poi il fulcro della serata: l’esibizione di Renick Bell, cavi, un piccolo monitor ad altezza degli occhi, la tastiera – non del pianoforte – ma del computer, e le dita veloci che scrivono codice. Ebbene la novità è che la costruzione dei brani avviene in diretta attraverso la modifica in tempo reale del software, una riprogrammazione continua, vitale che si esplicita nella proiezione del testo digitato sulla parete alle spalle del musicista, si vedono i dati scorrere, le istruzioni, alcune di comprensione palese anche per chi non ha competenze informatiche (globalMidDensity, soloPerc…).

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La postura ipnotica di Renick Bell, l’ambiente, tutte le parole ascoltate poco prima, i flash della memoria (la nostra) di tanto cinema di futuri prossimi, i bassi poderosi delle casse che ci smuovono i pensieri: siamo da un’altra parte consci contemporaneamente di vivere il tempo nostro e di sopravviverlo. La musica, che poi è quello per cui siamo qui, si srotola techno, senza cassa in quattro, ma come un flusso che ci sposta avanti, i suoni frammentati si uniscono con sibili senza interruzioni. Il suono è digitale, ma stranamente caldo, potente, e la digitazione febbrile e concentrata trasferisce alla musica un che di ancestrale che possediamo da sempre: è il DNA, ancora una volta numeri, stringhe, codice e sì, dati. Quella che in teoria poteva essere una riproduzione sonora fredda si rivela una condivisione istantanea delle idee: il musicista che mostra la sua composizione mentre la esegue rimane straniante e bello, un solista che può rapportarsi al free jazz quanto alla musica elettronica, all’action painting come alla danza tribale.

 Il live coding non è un genere, è una forma di espressione, e mi aspetto sperimentazione in questa direzione anche da parte di altri artisti, penso a scrittori, grafici, che interagiscono con algoritmi per creare, ancora una volta dati, ma non solo.

 

Approfondimenti sul live coding, sulla comunità virtuale Algorave, sui partecipanti  e su quanto citato lo potete trovare a partire dai link della pagina ufficiale dell’evento:       

Roberto Cagnoli