Liber matrum - Olpe
Signora dell’attesa, del presidio, della resa.
Chinata sui fogli scrive l’esistenza mentr’essa accade. Non vive e non ha mai vissuto e i fogli non sono fogli ma simulacri della memoria che nessun essere vivente può comprendere. Sono ciò che noi chiamiamo fogli, o lastre di pietra o papiri: tracce di linguaggio apparentemente cancellabili. E come anche ciò che è vergato nelle rocce può scomparire e scomparirà, i solchi che Olpe traccia svaniscono appena vergati. Sono solo immagini della realtà e appartengono al nulla. Ripetizioni di ciò che non esiste già e sempre esisterà. Dove il tempo non esiste più e ciò che accade si riverbera nel tutto e contemporaneamente si reitera e resta in uno stato di immobilità, nella quasi azione in cui niente avviene e tutto può succedere.
Olpe è immobile mentre ogni cosa avviene per mezzo del suo agire. Questa è la sua sostanza.
Così conserva e mostra, all’universo intero, l’intero universo. Riflette il cosmo nel cosmo. Lo rivela.
Olpe non è altro che un riflesso di tutta l’interezza dei sogni di Notte, vale a dire: l’illusione emanata dall’esistenza stessa.
Per questo motivo è impossibile percepire la dea dell’abbandono e al contempo la si riceve in ogni sguardo e in ogni respiro, nei sogni. Per questa ragione sembra invisibile pur essendo onnipresente. Abita il vuoto invisibile di cui è fatta ogni cosa e le stesse galassie e le stelle e i pianeti e il cuore.
Eppure, Olpe è cieca e non le è permesso di guardare sé stessa. E se questo avverrà alla fine di ogni cosa non è dato saperlo, Olpe si fida di ciò che è, senza bisogno di conferme, senza bisogno di sapersi con i suoi occhi, per pura intuizione. Questa è la consapevolezza assoluta.