Liber matrum - Enogra
La «fatta di lacrime». Liquida, le sue forme sono mutevoli come acqua; adattandosi a qualsiasi superficie può arrivare in ogni luogo e svaporare nell’aria limpida. Offusca la vista degli esseri, così da apparire sempre dietro una patina fumosa. Preferisce comunque mostrarsi in una foggia che le assomiglia. Così, è più frequente avere la sensazione di trovarsi davanti a un tritone, metà pesce e metà uomo. Nulla di più falso e soggettivo. Senza dubbio una falena tenderebbe a immaginare un essere metà falena e metà insetto di mare, e un uccello la vedrà somigliante a un esemplare della sua specie, e un fantasma a un fantasma, e un albero a un albero, e così via. Enogra ricorda a ogni entità che tutto ciò che esiste viene dall’acqua e di acqua è siffatto. Allo stesso tempo rammenta che ogni essere ha dovuto nascere dalla sofferenza d’un parto – sia esso fisico, mentale o spirituale – e nella sofferenza tornerà a risplendere, tra le braccia della morte, alla fine.
Nel momento della tristizia e dello sconforto più assoluto, appare. Evocata dalle lacrime, Enogra si rivela perché sente il richiamo profondo del dolore.
Solo nel momento orribile della disperazione è nascosta la possibilità del cambiamento. Il potere della metamorfosi. Così il serpente si contorce nel periodo della muta e perde la pelle per sostituirla con squame più resistenti. Illuminato dalla luce del sole apparirà cosparso di un nuovo splendore e attaccato dai predatori sarà più duro per le loro fauci ed essi rinunceranno alla preda per timore di non poter scalfire la sua rinnovata armatura. E quel serpente saprà, avendo guardato negl’occhi di Enogra, che è grazie al patimento e alla rinuncia e al sacrificio di quella vecchia pelle che sopravvive. Che bisogna essere come l’acqua e saper cambiare costantemente, senza cambiare mai.