Bestiarius immaterialis - Sinnilichio
Della famiglia degli ursidi, il sinnilichio, nella sua forma adulta, è più minuto di un cucciolo di orso bruno. Tuttavia il sinnilichio non ha armi. Perlomeno non ha le armi dei suoi simili: artigli, possenti fauci costellate di zanne e nemmeno la stazza.
Tutti gli orsi, in fondo, sono animali pacifici. Utilizzano le proprie risorse nell’atto della pesca, della ricerca del miele e soprattutto per difendersi e difendere i cuccioli. Ben di rado zanne e artigli si accompagnano alla ferocia nella lotta. E in questo il sinnilichio è un esponente esemplare: non conosce la rabbia. Poiché non conosce la paura.
Tutto ciò potrebbe sembrare – e teoricamente lo è – davvero molto pericoloso. Un’entità che non sa difendersi può sempre fuggire o chiedere aiuto; una che non sa di doversi difendere da alcunché, non ha scampo. La sopravvivenza del sinnilichio si basa sulla sua spavalderia, la noncuranza. Questo bellissimo mammifero, dal pelo abbondante e soffice, desidera un’unica cosa semplice: contatto fisico. Attenzione, dolcezza.
Carezze, precisamente.
Senza alcuna precauzione, vulnerabile a chiunque trovi difronte, il sinnilichio vi si avvicina lento e le sue intenzioni sono benevole, limpide. Generano un campo di energia delicatissimo che avvolge, l’oggetto delle sue mire, di tenerezza e fiducia. Si accosta, lui e la sua fragilità, ai corpi degl’esseri che incontra sulla via, strofina il muso alle pelli e alle pellicce, alle cortecce intricate di nodi dei grandi alberi, che gli grattano via il fastidio dalla schiena. Abbraccia le sue vittime col corpo morbido e si lascia carezzare mostrando grande trasporto, un trasporto vero, una passione sincera per i corpi, per le zampe, per i nasi, per le orecchie, per la materialità delle intenzioni altrui.
E la vittima muore tra le sue braccia, procurandogli un grande dolore; un dolore che il sinnilichio celebra mangiando quelle carni ancora calde, ancora piene del meraviglioso senso dell’incontro.