Bestiarius immaterialis - Mangiafumo
È un involucro molliccio richiuso in placche dure e nere, tonde. Ha la forma di due sfere collegate da un tubo poco più stretto. La più parte del tempo somiglia a una linea che si muove rotolando. Quando poi il mangiafumo incontra un fuoco, i suoi nervi ballano di gioia e quella stessa linea nera s’inizia a gonfiare e vibra in preda a convulsioni spettacolari. S’apposta di canto ai fumi provocati dal fuoco, pieni di cenere e pulviscolo, resti di una materialità consumata dal calore. Lentamente e magnificamente aspira tutto quel polverume sparso nell’attorno e gonfia le sue sacche immense fino a che le fiamme non si chetano e l’aria torna pulita e limpida.
In quel momento avviene la metamorfosi.
Uno sciame di esserini colorati sprizza fuori dalle placche nere investendo l’esterno e dipingendo nuove tonalità dell’esistenza nell’esistenza stessa. Non è un arcobaleno, è più che altro un caos di possibilità per l’occhio. E anche l’aria si profuma di tutto ciò che è memoria: milioni di particelle d’odore, un caleidoscopio d’ormoni che mistericamente si legano l’un l’altra in una danza armoniosa olfattiva senza precedenti.
Così va avanti per giorni il mangiafuoco, fino a svuotarsi di tutta quella diversità splendente. Ridiviene linea e ricomincia la caccia. E così, ancora e ancora. Gli alberi e l’aria accarezzano le sue placche scure al suo passaggio, come a ringraziarlo. E la sua saggezza ridecora il mondo e ripulisce i polmoni dell’universo. Non sia mai che il fuoco cessi di bruciare con violenza, non ci sarebbe più mutamento, ciclo, vita. Non ci sarebbe più alcuna linea nera da rigonfiare di essenza, una striscia d’infinito dalla quale ricominciare, sempre.