Bestiarius immaterialis - Drago
Le sue scaglie rosse luccicano al sole e s’infiammano come torce maledette sul sentiero della perdizione. L’occhio nudo ne è abbagliato e l’orecchio più fine, ai rumori taglienti di tutto quel movimento, di quell’immensurabile massa che si sposta nello spazio, resta confuso e disorientato, come se una montagna intera s’ergesse su zampe immense e ali mastodontiche per prendere il volo. Non è possibile percepire il drago, nella sua interezza, con l’ausilio dei sensi. Nemmeno il falco in lontananza può scorgerne il corpo in una visione complessiva. Il drago ha una stazza incommensurabile. Potrebbe sputare fuoco e immergersi negli abissi diventando acqua esso stesso. Potrebbe avere tre o sette teste imperiose e coronate di spine indistruttibili. Potrebbe avere un’intelligenza sovrannaturale e una sensibilità che supera qualsiasi immaginazione e la saggezza di migliaia di maestri messi insieme, impegnati eternamente nell’arte dello studio e della pratica. Potrebbe essere malvagio e avido o generoso e umile.
Chiunque ne scorge le scaglie tende a farsene un’idea, un volo d’immaginazione che vorrebbe avvicinarsi alla lontana realtà. Piccoli esseri che semplicemente avvertono il timore per quella sua gigantesca stazza e, di conseguenza, se ne tengono alla larga. Alberi che tremano al suo passaggio, perché le fiamme che sprigiona la sua armatura sono per loro il male e l’inferno. Homo ne ha costruito leggende, complessi apparati di significati simbolici che ne coinvolgono l’aspetto come la psiche – semplicemente supposti.
Il drago vede e sente perfettamente tutti questi esseri minuti. Da lontano, da una distanza metafisica incolmabile. Da un altro mondo, un altro universo, un’altra vita. Accarezza la terra e le acque e s’accovaccia sul fondo dei laghi per secoli e lunghissime ere che si susseguono. E si pone le stesse domande che tutti gli esseri viventi e le entità immateriali si pongono. Perennemente, senza mai trovare davvero una risposta.