That Feeling - Pensare con la pittura
La vitalità della pittura prima di tutto. A dispetto di quanti pensano al linguaggio pittorico come ad un mezzo sorpassato, oppure giunto ad un suo esaurimento dopo una storia lunghissima, o disseccato dall'infinito numero di opere prodotte in passato e custodite nel museo delle nostre peregrinazioni immaginarie. In opposizione ad una sua morte continuamente annunciata durante gli ultimi quaranta anni. A sfatare questo pregiudizio (forse più tipicamente italiano che internazionale) giungono segnali inequivocabili di una capacità della pittura di reinventarsi durante tutti i cicli storici, compiendo successive rivoluzioni, con stupore di tutti, quando ormai se ne preparava in più luoghi un lussuoso funerale. Nessuna sorpresa da parte mia nel constatare che ancora una volta nuove generazioni si affacciano sul bordo di questo linguaggio, sull'abisso forse potremmo dire, viste le profondità ormai in gioco. E' il caso That Feeling, mostra collettiva a cura di Domenico de Chirico, con autori tutti impegnati a ripensare lo spazio pittorico e la sua identità, provando a tracciare possibili vie di fuga verso costruzioni inedite.
Attraversando le sale della galleria mi è sembrata dominante la tendenza a guardare avanti più che a ripercorrere i temi della tradizione. Sono pochi infatti gli artisti di questa esposizione che si riallacciano a modelli del passato, solo Haylan Pozanti (con le sue forme incastonate dentro composizioni di lucida esattezza grafica) e Alexander Lieck (che evoca una sorta di fantasma raggelato dell'espressionismo astratto) risultano interessati a reinterpretare stili ormai storici. Gli altri provano ad immaginare cosa possa essere la pittura super contemporanea del nostro presente, con esiti talvolta molto convincenti, come le visioni -tecnologiche e smaterializzate - di Joshua Citarella, capaci di suggerire trasformazioni dell' immagine già avvenute, proiettando l'osservatore ad un grado inquieto ed enigmatico di attenzione. Ho trovato molto affascinanti anche gli spazi astratti di Heather Guertin, ambigui, inconoscibili, mettono in scena una sorta di territorio misterioso da percorrere soprattutto con gli strumenti della mente. Falsamente semplice, il lavoro di Stephen Felton mi pare sviluppi una interrogazione sul potere delle forme simboliche, ridotte ad una scarna rappresentazione – logica e primitiva - una proposta radicale per instaurare nuovi vocabolari essenziali. Le grandi, ipnotiche campiture di colore di Tamina Amadyar – intense e quasi apparse in sogno – le potrei leggere come una sorta di accensione, una promessa di libertà per la pittura, da spendere e confermare negli anni futuri.
That Feeling, Eduardo Secci Contemporary, Piazza Carlo Goldoni 2, Firenze.
Stefano Loria (testo)
Carlo Zei (immagini)