Africa senza fine

Il digiunatore è anche figlio dell'immaginazione. I documenti relativi alla  vita di Giovanni Succi mi sono serviti non tanto per non sbagliare quanto per ricevere delle visioni. Tuttavia, in un primo momento, avevo incluso nel libro molti riferimenti ai documenti consultati, perché ci tenevo a precisare che certi episodi che paiono falsi in realtà sono veri. Ammaliato dalla verità di una vita straordinaria, mi sembrava importantissimo ribadirla. Poi Cristina Palomba, responsabile editoriale di Ponte alle Grazie, mi ha fatto notare che stavamo parlando di un romanzo. Giusto. Che ognuno pensi ciò che vuole, mi sono detto.

Questo è un brano tolto dal libro proprio allo scopo di sfumare i confini della verità. Le avventure africane di Succi sono così tante che per raccontarle tutte ci vorrebbero mille pagine.

 Enzo Fileno Carabba

 

Altre cose che il digiunatore disse a Guerranda (da Federico Minutilli, Nel mar delle Indie. Viaggio di un italiano)

Il 12 febbraio del 1882, cioè un anno prima dell' ingresso del digiunatore nel manicomio della Lungara e due anni prima dell'incontro con Guerranda, Federico Minutilli pubblica  un resoconto delle imprese di Giovanni Succi tra Zanzibar e il Madagascar, basato su un testo del digiunatore stesso, oggi introvabile. “Parole che traggo quasi di peso dalle sue memorie manoscritte, da lui stesso gentilmente messe a mia disposizione” scrive Minutilli.  Qua mi limito a riportare parzialmente il suo testo con qualche modifica. Quelli che seguono sono fatti che il digiunatore  ripeté a Guerranda. Napoleone sosteneva che la ripetizione è l'unica figura retorica degna di nota. Questi grandi uomini ripetono sempre le stesse storie, per capirle meglio.

“Ben  pochi italiani avevano messo piede sinora nelle isole che a mezzogiorno dell'equatore fanno da corona all'Africa dalla parte di levante, e sulle spiagge dello Zanguebar e del Mozambese. Eppure sono contrade fertilissime e ricche di tutti più bei doni della natura. Ivi ricchissime miniere di utili e anche preziosi metalli; ivi boschi estesissimi di ebano, di mogano, di sandalo, di caoutchouc allo stato vergine; ivi foreste di alberi fruttiferi d'ogni genere, e manghi deliziosi, e mangostiani, e pampelimose” e ciliegie di vaniglia, e infiniti frutti che il digiunatore non aveva mai sentito nominare ma che sentiva famigliari. Questa sensazione di famigliarità lo convinse di essere arrivato, ancora una volta, nel paradiso terrestre. Molte volte, nella sua vita, ebbe questa sensazione. Perfino in certi angoli quieti del manicomio della Lungara. Questo sembrerebbe indicare  che il Paradiso Terrestre non è un luogo omogeneo: è disseminato in molti luoghi. In questa disomogeneità sta la sua differenza rispetto al Paradiso Celeste.

Insomma Giovanni Succi vide “tutto quello che occorre ad alimentare un vivissimo scambio di prodotti con le nostre contrade meno favorite dal sole. La sua prima visita in quelle isole rimonta al 1876. Il pincipi Amid-Mohamed-Abdallah, figlio del sultano di Johanna (una delle isole Comore) da lui personalmente conosciuto a Roma in quell'anno, gli aveva vantato in termini tanto iperbolici e lusinghieri la bellezza e la fertilità di quelle contrade” che il Succi era andato a controllare di persona e ci aveva soggiornato per tre anni, rimanendo pienamente soddisfatto. Poi però erano sorti dei problemi ed era stato costretto a riparare al Capo di Buona Speranza da cui era andato a Buenos Aires e da lì in Italia, dove aveva accettato l'incarico dalla Società Italiana di Commercio con l'Africa, residente a Milano, di andare a stabilire una fattoria commerciale a Zanzibar. Andò: intendeva creare una Società Italiana che con considerevoli capitali aprisse il commercio con quei paesi.

Alcuni dettagli di questa ricostruzione contraddicono quanto detto in precedenza. D'altra parte non cambiano la sostanza e sarebbe  grossolano abusare dello studio per appurare l'esatta verità. La verità non è esatta. I vertiginosi spostamenti di Giovanni appaiono improbabili (ricordo che non esistevano aerei) eppure risultano documentati. Il personaggio ha qualcosa di ubiquo.

“Il 24 marzo 1881 imbarcatosi su un vapore appartenente al sultano di Zanzibar si diresse alla volta della grande isola di Madagascar, e dopo tre giorni di navigazione giunse a Magenga o Magiunga. Una città che sorge all'ingresso di una vastissima baia sulla costa occidentale del Madagascar, se pure si può dare il nome di città ad una informe agglomerazione di capanne. Il territorio è fertilissimo di tutti i prodotti che abbiamo detto, ma con poco vantaggio per il commercio, poiché il governo della regina Ranavalo proibisce in modo assoluto il taglio dell'ebano, del mogano, del sandalo e degli altri legni preziosi. I terreni sono tutti di proprietà della regina, che ne concede la coltivazione ricavandone il dieci per cento del prodotto. Gli abitanti sono piuttosto ben fatti della persona, e relativamente belli. Una cosa che sorprende il viaggiatore è il gran rispetto che portano alle loro donne. Un rispetto che non si trova in altre parti dell'Africa, e a volte neanche in Europa.

La notte del 7 maggio 1881 il Succi accompagnato da due interpreti di Zanzibar e da due indigeni Saclavi s'imbarcò in un canotto per risalire il fiume sino a Marvai o Maroave, dove giunse dopo  circa tre giorni di viaggio. Quelle acque brulicano di coccodrilli, infatti Marvai in lingua malgasca significa appunto molti coccodrilli: erano tanto numerosi e tanto audaci che per evitare un grave pericolo e sottrarsi ai loro assalti il Succi dovette far ammazzare tutti i polli che teneva nel canotto, e che col loro chiocciare attiravano i mostri fluvali”.

Le avventure si moltiplicano e non entrano nella pagina. A Marvai la regina si faceva rappresentare da un governatore. “Si figurino i lettori un uomo di bassa statura, pingue, dell'età di cirva 50 anni, di colorito nero-giallo, che indossava una camicia color rosa ricamata in oro, calzoni di seta verde e un alto cappello bianco a cilindro”.

Questa era, neanche a farlo apposta, la tenuta dei mangiatori di fuoco che all'inizio della primavera scendevano verso la costa adriatica e poi a Cesenatico Ponente,  dal Passo dei Mandrioli. Il digiunatore lo guardò con un tale amore  purissimo e infantile che subito il governatore provò lo stesso sentimento. Dunque gli disse: “Sei un esploratore. Ti farò esplorare i dintorni”. Il digiunatore fu portato in giro su una poltrona tenuta sulle spalle da quattro robusti individui che gli spiegavano le bellezze del luogo, ognuno in un dialetto diverso.

 “Fatto ritorno al palazzo verso le cinque pomeridiane fu condotto al piano superiore ed invitato a sedere in una loggia prospiciente sul cortile. Non trascorse un quarto d'ora che al suon della musica vide uscire in cerchio un gran numero di vecchie, vestite di abiti variatissimi ma tutte con grandi crinolini. Cominciarono a ballare. Pareva proprio il ballo delle streghe! Alle vecchie successero le giovani, le spose e le fanciulle, che con molto più brio compirono i loro giri, mandando alte grida in onore dell'ospite bianco: quindi ballarono i vecchi, ed in ultimo i fanciulli chiusero lo spettacolo”.

Questa scena si impresse nella mente del digiunatore, le streghe gli erano sempre piaciute. Cercò di replicarla anni dopo, in un digiuno spettacolo particolarmente teatrale.

Dopo aver vagato tra varie isolette dal clima delizioso, popolate da oriundi arabi da cui imparò la contemplazione mistica, giunse nell'isola di Johanna, dove conobbe il signor Wilson, un ricco americano che aveva girato il mondo in cerca di affari avventurosi, aveva ritenuto l'Australia un posto ormai troppo sfruttato fino a trovare a Johanna la propria terra promessa fatta di piantagioni di zucchero. Qui a Johanna Giovanni ottenne dal re, il Sultano Abd-Allah, la concessione così concepita:

“Giovanni Succi desiderando di stabilire una casa commerciale in quest' Isola, io dichiaro di accordare al medesimo porto franco per lo sbarco, imbarco e ricovero dei carboni e d'ogni altra merce, il cui transito sarà esente da qualunque dazio e tassa. La merce poi sbarcata per consumo esclusivo del paese pagherà il solo dazio del cinque per cento. Johanna, 7 giugno 1881”. Seguono le firme del sultano, del Succi e dei testimoni.

“È una concesssione della più alta importanza” conclude Federico Minutilli, che al momento  non può sapere che il fallimento del progetto contribuirà a portare il Succi in manicomio, se accettiamo questa versione dei fatti.

Abbiamo dovuto tagliare le avventure raccontate da Minutilli sacrificando personaggi memorabili. Questi personaggi entrarono comunque a far parte della personalità di Succi, quindi potremo anche intuirli dentro di lui. Le pagine di Minutilli attingono, è bene ricordarlo, dal manoscritto di Succi. “Prendendo di peso” le sue parole. Sono quindi, potremmo dire, le avventure narrate da Succi stesso.

È importante sottolineare che durante questi avvenimenti Succi non decide mai niente: a parte la strage dei polli per allontanare i coccodrilli. Tale assenza di interventismo è, in quel periodo, la sua forma di ascetismo, di digiuno. Siamo di fronte a un raro caso di esploratore passivo, che accetta la prevalenza della geografia sulla Storia. In ogni periodo della sua vita il digiunatore impara qualcosa. Tra Zannibar e Madagascar impara a farsi aiutare.Soprattutto lo aiutano gli abitanti del luogo, che lo accolgono sempre con grande favore, a cominciare, dobbiamo supporre, dalla regina Ranavalo. Questo avvenne anche perché Giovanni si cimentò, rivisitandoli col suo stile, in quei numeri da baraccone che costituivano, dalla preistoria fino alla Prima Guerra Mondiale, un libro segreto in movimento:il linguaggio universale degli uomini migliori.


Enzo Fileno Carabba fotografato da Carlo Zei

Enzo Fileno Carabba ha scritto romanzi pubblicati in Italia e all'estero, racconti,  sceneggiature radiofoniche, libri per bambini, libretti d'opera. Nel 1990 ha vinto il Premio Calvino col romanzo Jakob Pesciolini (Einaudi 1992), primo volume di una ideale trilogia fantastica che comprende: La regola del silenzio (Einaudi 1994) e La Foresta finale (Einaudi 1997).Viaggiando nell'immaginazione è approdato alla realtà: il lato oscuro e quello luminoso si fronteggiano nel romanzo Pessimi Segnali (Gallimard 2003, Marsilio 2004) e nella narrazione autobiografica La zia subacquea e altri abissi famigliari (Mondadori 2015). Tra le sue pubblicazioni segnaliamo  Con un poco di zucchero (Mondadori 2011) e Attila (Laterza 2000, Feltrinelli 2012). Nel  2017 è uscita una saga fantastica per ragazzi: Fuga da Magopoli e Battaglia a Magopoli, (Marcos y Marcos). Nell'ottobre 2019 Storie fantastiche di paura (Giunti), un libro che contiene anche racconti di Anna Maria Falchi e Marco Vichi. Si tratta di  storie liberamente tratte dalle ottocentesche Novelle della Nonna di Emma Perodi. Nel maggio 2021  Vite sognate del Vasari (Bompiani). Collabora al Corriere Fiorentino, testata per cui ha scritto, tra l'altro, cinquecento storie d'amore. Il suo ultimo romanzo Il digiunatore è appena uscito per Ponte Alle Grazie.

Enzo Fileno Carabba