Elisabetta Beneforti - Senza Permesso
Conoscendo il percorso della poesia di Elisabetta Beneforti da molti anni (a causa di una ormai antica amicizia) posso notare la sua fedeltà ad un modello adottato fin dagli inizi della propria scrittura. Faccio riferimento ad un movimento culturale – la cosiddetta Beat Generation – che nella seconda parte del secolo scorso esplose negli Stati Uniti, rivitalizzando in modo radicale letteratura, arte, musica. Molta della qualità dei versi di Elisabetta si è forgiata dentro la fascinazione per l'energia potentissima che quel movimento aveva saputo infondere ad ogni linguaggio espressivo adottato.
Leggendo le pagine di questo nuovissimo Senza permesso ritrovo le caratteristiche di uno stile consolidato nel tempo: un continuo ritmo di fondo assai incalzante che anima i versi e trascina il lettore in una danza rutilante; il sovrapporsi molto veloce di visioni cinematografiche, con dettagli e campi lunghi intrecciati, con profondità visive ma anche con rassegne rapide tutte giocate in superficie come in un volo inebriante. Sono gli “sguardi sognanti” a condurre dentro una specie di gioia istantanea del mondo. Questa velocità rappresenta un dato controcorrente rispetto a molta poesia lenta e meditativa che mi pare andare abbastanza di moda oggi in Italia. Non la pronuncia che ferma il mondo, ghiacciando un senso definitivo, interessa ad Elisabetta, ma quella rapidità prodigiosa che restituisce il sapore delle apparenze cangianti in una miscela calda e magmatica.
Una poesia molto inclusiva (“il mio tempo è personale/il mio tempo è storico”) in cui entrano tanti elementi diversi, semplici oggetti di uso quotidiano, complessi stati d'animo, libri, panchine, microfoni, un catalogo di presenze che tende a catturare non il passato (ormai alle nostre spalle, perduto) non il futuro (ovviamente inconoscibile, sempre dolorosamente differente dalle nostre ingenue previsioni), bensì l'assoluto presente, l'attimo in cui siamo adesso, con la sua sbalorditiva sorpresa di esistere.
C'è tanta musica (già ad apertura del libro, la dedica è musicale, ad un album di jazz leggendario (Septober Energy di Centipede) in una linea che si distende da Chopin a Steve Reich. C'è un io forte a tracciare il paesaggio, un punto di vista preciso, un occhio onnisciente, ma tutto (compresa l'autrice) in queste pagine risulta sempre immerso nel flusso delle cose e degli eventi, c'è un vento che soffia senza sosta in queste poesie e bisogna assecondare questa scrittura così dinamica, lasciarsi trascinare è importante.
Una raccolta di composizioni molto coerenti e ben collegate a formare un mosaico denso, con complessità nascoste dentro una struttura che all'inizio potrebbe apparire semplice, ma non lo è. Sono versi che contengono – a dispetto della rapidità del dettato – pesi e contrappesi, sofisticate regolazioni interne. Ho letto questo libro con calma, a piccole dosi. Personalmente consiglio una poesia al giorno.
Elisabetta Beneforti – SENZA PERMESSO
Smith Editore, Firenze, 2020