Origami # 6 - Beatrice Squitti

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Sconvolgono tempo e spazio i collage di Beatrice Squitti, mantenendo però sempre una coerenza stilistica di fondo salda e robustissima, e probabilmente questa direzione così ben centrata corrisponde alla forza di una ispirazione altrettanto definita. Se in effetti di sconvolgimenti visivi si può parlare per la poetica di Beatrice, allo stesso tempo bisogna riconoscere un risultato caratterizzato da una costruzione formale calibratissima, tanta è la maestria nel dosare la teatralità, la novità, la magia usata nel taglio delle immagini.

Riferimenti principali che mi pare di poter leggere dentro la superficie delle sue opere: la storia dell'architettura moderna, la moda femminile degli ultimi cinquanta anni, certa pittura di paesaggio del Settecento, la pittura informale del dopoguerra italiano, e naturalmente la storia della fotografia scandita in una intera indigestione, direi con particolare attenzione al ritratto. I regni inventati da Beatrice scorrono come in un caleidoscopio un po' cinematografico e un po' romanzesco, innervati di nostalgia per una modernità perduta. I suoi montaggi con felice coerenza ti accompagnano attraverso un catalogo di visioni perfettamente coerenti, anche nella estrema variazione dei soggetti. Questo stile personale ben riconoscibile è il frutto di scelte cromatiche ristrette (quindi molto forti) e ovviamente anche di una sistema di prospettive e tagli che ritornano a segnare ogni evocazione visiva come un marchio di identità e di lettura del mondo. Passioni della mente che vengono assemblate in un teatro elegante per il piacere dell'occhio. Una ipotesi che mi sento di avanzare (con cautela) ma conoscendo di persona Beatrice Squitti credo di poter osare: sotto il fascino molto seduttivo delle forme e dentro le sorprendenti sovrapposizioni dei piani ottici, potrebbe nascondersi anche una luminosa cifra morale.

Stefano Loria