Il teatro del Tabù
Comincia come un dramma borghese in un interno e sembra guidarci lungo traiettorie conosciute, il romanzo di Giordano Tedoldi Tabù : adulterio in forma super classica di passione bruciante per la moglie del migliore amico. Ma molto presto la vicenda si fa complessa, l'affabulazione dell'autore diviene sempre più torrida ed attorcigliata, tellurica, impastata di visioni, incubi, ossessioni, come scaturisse dall'urto costante fra poderose (e in parte oscure) masse narrative. Ci ritroviamo prigionieri dentro un gioco di rifrazioni mosso da molti personaggi, con voci narranti enigmatiche capaci di creare un romanzo-prisma che mostra facce differenti a seconda dell'inclinazione mentale con cui il lettore penetra la sua sostanza.
Il titolo del libro è pienamente rispettato: qui viene dispiegato tutto un teatro di tabù violati – sessualità assai disinvolta, omicidio, cannibalismo, orridi contagi - in una atmosfera di fiaba morale, con scene che spesso sembrano offuscate da misteriose nebbie, anche se invece il linguaggio di Tedoldi è sempre esattissimo e dettagliato come in un delirio di precisione. L'immagine della conchiglia in copertina secondo me anticipa perfettamente lo spirito del libro: una spirale elegante e crudele che allude alla compiutezza della forma, lasciando intatto il mistero del vuoto intorno a cui tutto ruota.