La Botte
Guest Artist Weetzie, al secolo Erika Pellicci, artista/fotografa/modella, torna a Hotel Kranepool per raccontare la sua prima volta. In hotel. Cioè la prima volta che è rimasta a dormire in hotel.
A sei anni non si sa per quale motivo associavo quel nome a LE BOTTE o I BOTTI di capodanno.
Troppo MTV.
"La Botte" era ed è un'umile hotel di cacciatori sul ciglio di una strada. Dal di fuori sembrava quasi un motel in stile americano.
Parcheggio asfaltato con tante grandi gip di fronte.
La reception odorava un po' di mozziconi che venivano da un portacenere esterno e un po' di disinfettante stantio proveniente dal lungo corridoio che portava alle stanze.
I miei genitori parlarono con la receptionist, una bella signora, mentre guardavo quanto rosso c'era nella tappezzeria.
Presero le chiavi e li seguii dentro quel posto che non era casa ma che ci avrebbe permesso di dormire quella notte.
Mi ricordo la luce fioca del corridoio e il lungo tappeto che lo definiva.
Tutte le stanze stavano al primo piano. La Botte non aveva due piani, o forse mi ricordo male.
Mi diedero un lettino minuscolo, ma lungo, una sorta di brandina, mentre loro dormivano in un lettone nella stessa stanza. Ero tra il bagno e la finestra.
Lunghe sagome di piante si vedevano dietro le tende aperte nella notte, come lunghi serpenti che mi guardavano mentre mi infilavo sotto la coperta color marrone, che tutti gli hotel hanno in qualche armadio come riserva.
Fantasticai tanto mentre i miei dormivano, mio babbo russava, io preso sonno probabilmente sognai qualche serpente.
La mattina dopo, depositate le chiavi alla reception, siamo andati a fare colazione superando tutti i tavolini vuoti del ristorante finendo così al bar.
Al bar stavano degli anziani signori che parlavano di beccacce e fagiani. Dai loro caffè corretti al Leone e si sentiva l'odore del leone nella sala. Presi un latte schiumato, più schiuma che latte, che non finii. Avevo sempre il vizio di lasciare il fondo sul fondo.
Immaginando i cacciatori come folletti, lasciammo la botte.
Mentre ci allontanavamo con la macchina vedevo la botte nella luce del giorno. Somigliava a una scatoletta, rettangolare, che proveniva ancora da quei sogni tra serpenti e fuochi d'artificio.
***
The Barrel
Guest Artist Weetzie (aka Erika Pellicci, artist/photographer/model) returns, to tell about her first time. In a hotel. The first time she ever stayed at a hotel.
For some reason when I was six I always associated that name with the Booms, Bangs and Bursts of New Year's Eve fireworks.
Too much MTV.
"La Botte" (The Barrel) was, and still is, a rustic roadside hotel where hunters stayed. From the outside it looked like an American-style Motel.
The place had a paved parking lot in front, and there were always huge jeeps parked there.
The lobby smelled of cigarette butts from a heavy ashtray outside the entrance, and stale disinfectant from the long corridor that led to the rooms.
My parents spoke with the Desk Clerk, a beautiful lady. I remember how red the furniture was.
They took the key and I followed them into that place which wasn't home, but where we'd be able to sleep that night.
I remember the hallway's dim light, and the long carpet that defined its length.
All the rooms were on the ground floor. There was no second floor, or maybe I just forgot it.
My parents put me in a long, narrow cot. They occupied the huge double bed in the same room. I was between the bathroom and the window.
Long silhouettes of trees swayed slightly beyond the curtains left open in the night, like long snakes who watched as I got under the extra brown blanket which every hotel closet contains.
I daydreamed in the dark, eyes open, while my parents slept. My father snored. Snakes slithered through my dreams when I finally fell asleep.
The next morning we dropped off the room key at the reception desk and went to have breakfast. We walked past all the empty tables to reach the bar. The old men at the counter were talking about woodcocks and pheasants.
They were drinking coffee spiked with Leone coffee liqueur, and you could smell lions in the room. I got hot milk, more foam than fluid, which I didn't finish. I always left the scum at the bottom.
As we left La Botte, I pretended that the hunters were elves.
When we drove away, I looked back and saw the barrel out front of the hotel in the light of day. It looked like a rectangular tin can which contained dreams of snakes and fireworks.