Hotel Goddess
A friend writes from a town on France’s northern coast:
Nadège and I used to work hotels. People visit rivieras to be rich together, or to at least feel rich for a few days. The real business of hotels on beaches is to generate and radiate a glamorous atmosphere.
Nadège had talent. She never had to learn or practice anything. Clothes and makeup were incidental to what she did. When she shone her attention on a man, or a woman, or a couple, everything else in the world was thrown into shadow. That’s where I moved in.
Shadows dance, slither and vanish according to which direction light comes from. The first lesson the shadows teach is how to stay out of the glare. Take only what won’t be noticed, at least not until it’s too late. By the time the marks realized something important was gone, Nadège and I had disappeared.
Regular hotel employees aren’t dull or unobservant. Everything depends on what they’ll tolerate from their shady colleagues. Managers and house detectives who knew their trade dealt with me alone, and discreetly at that. The ones who tried to catch Nadège in the act lost more than they ever knew.
Things go wrong when you want too much, or if you allow your life to become complicated. Nadège and I only made that mistake once, but it marked us.
The last lesson the shadows teach is when to stop.
We live in a hotel now, a modest establishment at a beach resort no longer fashionable. Neither of us likes to cook or clean or make the bed. Management stores our things in the basement when we decide to travel, which isn’t often, and they’ve agreed to dispose of whatever’s left when both of us are gone.
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Dea d’albergo
Un amico scrive dalla costa settentrionale della Francia:
Nadège e io lavoravamo negli alberghi dei lidi di mare. La gente viene nelle località balneari per essere ricchi insieme, o almeno sentirsi ricchi per qualche giorno. Il vero lavoro degli hotel sulla spiaggia è di emanare questa particolare atmosfera.
Nadège aveva talento. Non dovette mai imparare o praticare nulla. L’abbigliamento e il trucco erano solo di contorno a ciò che faceva. Quando illuminava con la sua attenzione un uomo, una donna o una coppia, il resto del mondo veniva gettato in ombra. In quel momento intervenivo.
Le ombre danzano, strisciano e svaniscono in base alla direzione dalla quale arriva la luce. La prima lezione che insegnano le ombre è come evitare il bagliore. Prendi solo ciò che non si noterà, o solo quando sarà troppo tardi. Nel momento in cui i soggetti si rendevano conto che mancava qualcosa di importante, io e Nadège eravamo spariti.
Gli impiegati d’albergo non sono né scemi, né poco osservatori. Tutto dipende da quanto tollerino i tenebrosi colleghi. Gestori e guardie che sapevano il loro mestiere trattarono solo con me, e in modo discreto. Quelli che cercarono di acciuffare Nadège persero più di quanto potessero sapere.
Le cose vanno storte se vuoi troppo, o se ti lasci complicare la vita.
Nadège e io facemmo quell’errore solo una volta, ma ne fummo segnati.
L’ultima lezione delle ombre è quando smettere.
Ora viviamo in albergo, un posto modesto in un luogo di mare non più di grido. A nessuno dei due piace cucinare né pulire né rifare il letto. Viaggiamo poco. La gestione mette in cantina le nostre cose quando ci spostiamo, e si sono offerti di smaltire ciò che resta quando non ci saremo più.