A Pornosopher and a Poet on Hotels
In the dark silent hours between a recent December 21st and 22nd, the Night Porter took a novel by Henry Miller and a volume of poems by Philip Larkin from the Kranepool’s shelf of books left inadvertently or on purpose by guests. Human beings want life to have meaning. They look for signs that imply significance wherever they can. Night porters are only human.
Holidays were reserved for hotels. My friend and I would go to the most unfashionable, even the most unthinkable places. To drink together, mostly, but we’d also go for long walks in the fields and along the beaches. In the dreary towns, we mused on what was on offer in the shops before we visited the churches and graveyards. In the evening, in our room, life was sexy underwear, and a bath afterwards.
Friday Night At The Royal Station Hotel
Light spreads darkly downwards from the high
Clusters of lights over empty chairs
That face each other, coloured differently.
Through open doors, the dining-room declares
A larger loneliness of knives and glass
And silence laid like carpet. A porter reads
An unsold evening paper. Hours pass,
And all the salesmen have gone back to Leeds,
Leaving full ashtrays in the Conference Room.
In shoeless corridors, the lights burn. How
Isolated, like a fort, it is -
The headed paper, made for writing home
(If home existed) letters of exile: Now
Night comes on. Waves fold behind villages.
—Philip Larkin
***
Hotels were a contradiction: places to stay when you had no money. If your clothes weren’t too dirty and you had a decent suitcase, the receptionist wouldn’t insist on payment in advance. You could stay a week, breakfast included, before you got the hard tap on the shoulder that precedes the heave-ho. And any cooze you brought upstairs thought you must be somebody, since you lived in a hotel.
The stabbing horror of life is not contained in calamities and disasters, because these things wake one up and one gets very familiar and intimate with them and finally they become tame again. No, it is more like being in a hotel room in Hoboken let us say, and just enough money in one’s pocket for another meal.
—Henry Miller
***
Un pornosofo e un poeta sugli alberghi
Nelle oscure e silenziose ore tra un recente 21 e 22 dicembre, il portiere di notte prese dallo scaffale dei libri lasciati inavvertitamente o di proposito dai graditi ospiti del Hotel Kranepool un romanzo di Henry Miller e un volume di poesie di Philip Larkin. Gli esseri umani vogliono che la vita abbia un significato. Cercano segni che implichino un significato ovunque possano. I portieri di notte dopotutto sono esseri umani.
Le feste e le vacanze erano riservate agli alberghi. Andavamo nei posti più sperduti, impensati e impensabili. Per bere insieme, più che altro, ma facevamo anche delle camminate per i campi e per i villaggi. Consideravamo le mercanzie nelle botteghe e visitavamo le tristi chiese e i desolati cimiteri. Le sere, nella nostra stanza, la vita si trasformava in una storia di intimo sexy, e un bagno caldo dopo.
(n.b. La Gestione non retribuisce gli impiegati per la traduzione di poesie. Che, tra l’altro, è impossibile.)
Venerdì sera al Royal Station Hotel
La luce si diffonde oscuramente verso il basso dall'alto
Grappoli di luci su sedie vuote
che si affacciano, diversamente colorate.
Attraverso le porte aperte, la sala da pranzo dichiara
Una espansa solitudine di coltelli e vetri
E il silenzio è come un tappeto. Un portinaio legge
Un giornale serale invenduto. Le ore passano,
E i venditori itineranti sono tornati a Leeds,
Lasciando pieni i posacenere nella Sala Conferenze.
Nei corridoi vuoti di scarpe da lustrare, le luci si accendono. Isolata,
Come una fortezza-
La carta intestata, apposita per scrivere a casa
(Se esistesse, casa) lettere di esilio: Ora
La notte arriva. Le onde si increspano dietro i villaggi.
—Philip Larkin
Gli alberghi erano una contraddizione: posti dove restare se non avevi soldi. Se i tuoi vestiti non erano troppo sporchi e se avevi una valigia decente, la persona alla reception non avrebbe insistito sul pagamento in anticipo. Allora potevi stare una settimana, con la colazione inclusa, prima che il Manager ti picchiettasse la spalla col dito per indicare che dovevi sloggiare. E qualsiasi gnocca che invitavi a salire con te in camera pensava che tu fossi qualcuno, visto che abitavi in albergo.
L'orrore lancinante della vita non è contenuto in calamità e disastri, perché queste cose ti risvegliano; diventano familiari e intimi e alla fine tornano miti. No, è più come essere in una stanza d'albergo a Hoboken, diciamo, con in tasca solo abbastanza soldi per un altro pasto.
—Henry Miller