London Calling: la pittura astratta di Callum Green (bilingual)
Sopravvissuta alle ricorrenti profezie di una morte imminente, la pittura è oggi molto vivace in tutte le sue storiche declinazioni ed affascinanti evoluzioni. All'interno di una nostra specifica ricerca sulle forme più innovative di questo linguaggio espressivo, abbiamo deciso di porre alcune domande a Callum Green, giovane artista inglese, erede di una lunga e splendida tradizione di pittura astratta. A nostro parere uno dei più avventurosi tra i protagonisti della scena internazionale.
Having survived the recurring prophecies of imminent death, painting is today alive and well in all its historical declinations, and fascinating evolutions. In our specific research on the most innovative forms of this expressive language, we decided to ask a few questions to Callum Green, a young British artist, heir to a long and splendid tradition of abstract painting. In our opinion, one of the most adventurous among the protagonists of the international scene.
S251: Qual è la tua prima fonte di ispirazione in studio? In quale modo cominci a realizzare una nuova opera?
C.G.: L’ispirazione può venire da ogni luogo ma la mia principale preoccupazione sta nella materialità della pittura e in una sorta di matrimonio fra gesto pittorico e linguaggio. Gran parte del mio lavoro ha a che fare col ridurre un quadro ai suoi più semplici componenti e con il trovare un equilibrio che sorregga l’immagine. Ciò è analogo ad una forma di linguaggio molto semplice; frammenti e frasi che spesso diventano didascalie o titoli per i lavori. Per quanto riguarda il cominciare nuove opere, per prima cosa preparo le tele quanto trovo necessario (sono molto esigente nelle superfici dove dipingo, di solito uso una prima mano fatta di strati a base d’olio che poi levigo ad umido per ottenere una superfice molto regolare e liscia che possa successivamente sorreggere il colore ad olio). Fatto questo, il problema sta nel fare la prima mossa; un gesto al quale rispondere. Può essere molto semplice, come un bagno di colore, oppure un gesto più arrogante e imperioso. Si tratta di darmi un inizio, dal quale posso comunque ritrarmi. Di solito agisco stratificando questi gesti, permettendo poi alla pittura di asciugarsi prima di aggiungerne altri.
S251: Where is your main source of inspiration? How do you begin a new work?
C.G.: Inspiration can come from all sorts of places but the major concerns for me in the work are in the materiality of the paint and a kind of marriage of painted gesture and language. A lot of my work deals with reducing a painting to its simplest components and finding a balance where an image can hang together. In this way it’s kind of a mirror of very simple language; snippets or phrases that often become captions or titles for the works.
With regards to beginning new work, I first have to prepare the canvasses or surface to the degree that I want (I am very particular about the surfaces I paint on, generally using layers of oil primer that I wet-sand to get a very flat and smooth surface that resits the oil paint that’s laid over it). Once I’ve got that it’s a question of making a first move; some gesture to respond to. This might be very simple, a wash of colour of a more brash imposing gesture. It’s a question of making and start that I can bounce off of. I generally work by layering these marks, allowing the paint to dry before adding more.
S251: Quanto è importante l'improvvisazione, il gesto istintivo nel tuo lavoro? Nei tuoi dipinti la libera energia sembra un elemento molto rilevante, come riesci a conciliare questa spinta emotiva con la creazione di solide architetture visive?
C.G.: L’istinto è estremamente importante nel mio lavoro. Il mio approccio è quasi interamente istintivo. Credo che “architettura visiva” sia un buon modo per descrivere questo atteggiamento; si tratta di costruire una immagine reagendo a quella che l’ha preceduta ternendo presente quanto (o quanto poco) basti per forzare il collassamento delle condizioni che hai già creato. Questo può avvenire in un singolo lavoro oppure in diversi pezzi che si trovano nel mio studio lavorando sulle relazioni che si creano fra di loro. In ultima analisi voglio che il lavoro mantenga un libero flusso di spontaneità sebbene questo sia ottenuto con un progresso lento, che permetta all’opera di svilupparsi nel tempo prima di impegnarsi nella fase successiva. Il processo pittorico vero e proprio è generalmente molto veloce e spontaneo ma ciò che può richiedere molto tempo è decidere quale mossa eseguire, quale colore ci voglia per disgregare o armonizzare, o come un gesto debba rispondere a gesti precedenti o provocarne altri. Spesso succede che mi senta frustrato da un dipinto che non sembra funzionare e quindi devo fare qualcosa di drastico per distruggere o rimettere a fuoco ciò che è già lì. Questi tipi di gesti sono spesso quelli che mi sembrano più efficaci nel portare avanti il lavoro e nel trovare nuove vie da esplorare nei vari dipinti. Per quanto riguarda la spinta emozionale nel mio lavoro, devo dire che non sono molto interessato in una lettura emotiva dei quadri. Di sicuro non li creo seguendo un senso di sfogo emotivo. Non che sia contrario a che ognuno legga in essi ciò che preferisce e naturalmente esiste tutta una tradizione relativa a questo approccio, ma per quanto mi rigarda la trovo un via difficile da percorrere. C’è un agire nella pittura che per me è qualcosa di intenzionale e, per quanto riguarda l’approccio “emotivo” alla pittura, persino ironico. Se le cose diventano “espressive” spesso finisco con il negare e bloccare il gesto che le ha prodotte.
S251: How important is improvisation and instinct in your work? Free flowing energy seems very relevant in your paintings, how do you reconcile this emotional drive with the creation of a solid visual architecture?
C.G.: Instinct is incredibly important to the work. My approach is almost entirely instinctual. I think ‘visual architecture’ is a nice way to describe or approach this; it is about building an image by responding to what has come before and seeing how much (or how little) it takes to hold a picture together or what would force the collapse of the conditions that you’ve already created. That could be in one work in isolation or across different pieces around the studio in the relationships they create. Ultimately I want the work to retain a free-flowing spontaneity but this is achieved through slow progress, allowing work to develop over time and then committing to what comes next. The painting process itself is generally very quick and spontaneous but it can take me a long time to come to a decision about what moves to make, what colour is needed to disrupt or to harmonise, how a gesture needs to respond or provoke the others. It’s often the case that I get frustrated with a painting that I don’t think is working and have to do something drastic to destroy or re-focus what’s already there. These gestures are often the most successful in my eyes at driving the work forwards and finding new avenues to explore in the paintings. With regards to an emotional drive in the work, I have to say I’m not greatly interested in an emotional reading of the paintings. I certainly don’t create them with a sense of emotional output. Not that I’m against other people reading them that way if they want to and of course there is a clear history of this approach in painting but I find it difficult ground to tread. There is action in the painting but for me it’s more straight-faced or even a bit tongue in cheek in dealing with an ‘emotional’ approach to painting. If things are getting a bit ‘expressive’ I will often end up negating the gesture and blocking it.
S251: A proposito della velocità di esecuzione: quanto è il lungo il processo di completamento di un quadro? Lavori a lungo sopra una singola opera o riesci a terminare molti dipinti in tempi brevi?
C.G.: Può variare moltissimo in base a molti fattori. Il mio scopo è sempre di terminare i dipinti velocemente e mantenere il lavoro semplice salvaguardando il senso di equilibro nel momento in cui le cose sembrano andare d’accordo fra loro, ma non è mai facile! Devo dire che nel mio lavoro recente ci sono voluti alcuni mesi per arrivare a considerarlo finito, ma a volte può volerci anche di più. Su molti quadri sono tornato per uno o due anni prima di poter dire che non c’erano altri gesti da compiere. Lavoro su serie, su molti pezzi contemporaneamente, il che vuol dire lasciarne alcuni in gestazione per poi tornare su di essi, permettendo che una relazione si sviluppi tra diversi quadri e idee rimbalzino nel mio studio nel corso del tempo. Una soluzione in un quadro può sbloccare qualcosa che non avevi visto in un altro precedentemente. Il che può anche essere un problema, se come me hai sempre bisogno di spazio!
S251: Regarding execution speed: how long does it take to complete a painting? Do you work on each single image for long, or do you manage to complete rapidly mutiple paintings at the same time?
C.G.: This can vary massively depending on many factors. My aim is always to complete the paintings quickly and to keep the work as simple as possible while still maintaining a sense of poise where things just about hang together but it’s very rarely that easy! I would say with my most recent work it has taken me a few months to get to point where I think the work is done but some can take more time to come together. A lot of the work has taken a year or two being returned to periodically until I feel like they’ve reached point where there’s no more moves to make. I work in series with a lot of work under way at the same time which means I can leave work to gestate and return to it and allow relationships to develop between different pieces and ideas to bounce around the studio over time. A solution on one painting might unlock something you couldn’t see in another previously. This can be tricky though if like me you are really pushed for space!
S251: I colori nella tua pittura hanno un ruolo centrale, colpiscono subito l'occhio dell'osservatore. Sono intensi e forti, al tempo stesso costruiscono forme decise, una sorta di arabeschi luminosi. Anche quando usi toni scuri, questi colori esprimono una prepotente vitalità. Raccontaci il tuo pensiero a proposito di questo fondamentale rapporto colore/forma.
C.G.: Credo che se ti occupi di astrazione nella pittura il colore è di grande importanza, uno degli elementi chiave che hai a disposizione. Il colore per me è una forma di gioia visiva. Un creare contrasti e armonie in vibrazione fra loro. Per un periodo dipingevo quadri molto vividi e sgargianti, il che rifletteva in effetti la moda di consumo – luccicante, stucchevole e vistosa. Nel tempo ho cambiato strada, e di recente mi sono sentito attratto da quelle tonalità più scure di cui parli. Mi piace molto quando puoi far “cantare” un tono scuro con un altro colore quasi impercettibile che brilla attraverso di esso, oppure quando un colore scuro nega la brillantezza sottostante. Lavoro molto con il lucido e a come i colori filtrano attraverso la superfice. A dire il vero, nel mio lavoro più recente, la tavolozza è nuovamente più fresca e più vibrante, ma chissà quanto durerà.
S251: Color plays a central role in your work, as it immediately captures the attention of the viewer. It is intense and powerful, constructing clear shapes in a sort of arabesque of light. Even when you use dark tonalities your colors express a strong vitality. Would you tell us something about your particular relationship between color and form?
C.G.: I think if you are dealing with abstraction in painting colour has to be of great importance. It is one of the few key elements you have at your disposal. Colour for me is about a kind of visual joy. Creating harmonies or contrasts that vibrate. For a time I was making work that was really bright and lurid which was a reflection really of fast consumer fashion - bright, sickly and garish. Over time I’ve pulled these back and recently I‘ve been particularly drawn to those dark tonalities you mentioned. I really like it when you can make a really dark tone sing with a subtle colour glowing through it or where a dark negates brightness underneath. I work a lot with glazes and allowing colours to filter through to the surface. Actually in the most recent work the palette is fresher and more vibrant again but who knows how long that will last.
S251: Se tu dovessi scegliere tre parole per definire i temi essenziali della tua pittura, quali sceglieresti?
C.G.: Equilibrio. Superfice. Gioco.
S251: Pick up three words to define the fundamental themes in your art.
C.G.: Poise. Surface. Play
Bio
Callum Green è pittore a Londra, UK. Il suo lavoro applica gioco e corporeità alla pittura. I suoi quadri hanno un approccio essenziale: un equilibrio tra colore e forma che mantenga un delicato senso di compostezza sulle superfici curatissime. Il suo lavoro è guidato dal linguaggio; da uno humour asciutto, magari una freddura, un emoji, o semplicemente la parola giusta per sedurre o dare significato a qualcosa di altrimenti nascosto. Superfici e colori sono ricchi e attraenti e i titoli aggiungono significato a volte descrivendo schiettamente caratteristiche fisiche delle opere, a volte una battuta irriverente o, occasionalmente, alludendo ad una idea di erotismo, raramente esplicito, piuttosto gorgogliante sotto la superfice – sempre rimanendo aperto all’interpretazione.
Callum Green is a painter based in London, UK. His work deals with play and physicality in painting. The works are fundamental in their approach; balancing colour and form to hold a delicate sense of poise on their manicured surfaces. The work is driven by language: by dry humour - maybe a shit one-liner, an emoji, or just the right word to flirt or give meaning to something otherwise obscured. Surfaces and colours are rich and seductive while titles lend language; sometimes describing bluntly physical qualities in the work, sometimes an irreverent joke or occasionally alluding to an idea of eroticism; rarely explicit, but rather bubbling under the surface - always remaining open to interpretation.