C’E’ VITA OLTRE BJORK

Bene, tutti conosciamo Bjork, eclettica cantante/artista/performer islandese: però, quanto deve essere difficile essere Bjork e soprattutto fare Bjork. Hai l’obbligo di essere ogni volta più creativa, più sofisticata, più up-to-date.  Video incredibili, grafiche elaboratissime, un disco che è anche una app interattiva, insomma una fatica pazzesca. E poi, diciamo la verità, quanti appassionati mediamente di musica seguono tutto questo? E poi a dirla tutta il cantato smiagoleggiante e singhiozzato dopo cinque minuti stanca…

Tutto questo per introdurre alcune artiste (ebbene si, ancora donne) che hanno a che fare con la voce (la propria) e l’elettronica (sempre in proprio e/o con collaboratori) nonché alcuni plus che derivano dalle loro storie personali e dalla concezione artistica integrata tra musica, video, performance, proporzione estetica.

Andiamo dal facile al difficile, cominciamo con Iokoi, un’artista italo-svizzera che ad oggi ha prodotto un 7” nel 2012 e un album “Liquefy”alla fine del 2016. Suoni in bassa-media battuta, come trip-hop aggiornato nei suoni ogni tanto dubstep e un po’ meno scuro. Racconta di essere influenzata dall’arte e dalla tecnologia, dà grande importanza alle esibizioni live, sia proponendo i brani pubblicati che partecipando a sonorizzazioni improvvisate nell’ambiente teatrale e cinematografico, e non poteva essere altrimenti in quanto per lei la parte visuale è molto importante e di conseguenza sia le grafiche delle copertine che i visuals proiettati durante le esibizioni rivestono un ruolo primario per definirla.

 

FKA Twigs (vero nome Tahliah Barnett), padre giamaicano, madre spagnola, trasferita poco più che adolescente a Londra, ballerina, cantante, performer. Anche in questo caso il percorso musicale è parallelo a quello visuale, dall’immagine del volto che diviene icona grafica ai video. Esordisce nel 2012 con “EP”, quattro tracce a cui seguono  altre quattro tracce su “EP2” e qundi “LP1” (non perde sicuramente tempo con i titoli) album d’esordio del 2014, questi ultimi prodotti da Arca – musicista producer venezuelano che ha lavorato anche con Bjork – e l’ultima uscita, il cui titolo è una sorta di codice fiscale - “M3LL155X” – ma che si legge “Melissa”. Bassi tondi, cantato sentito, sonorità sospese e leggermente inquietanti, disturbi. Il video che accompagna l’uscita è in realtà una sequenza di brani legati, come una piccola suite funzionale e complementare alla musica.

 

Viene dal SudAfrica, è una ballerina da sempre, e poi modella e cantante: Manthe Ribane coadiuvata dal producer Okzharp rilascia due Ep - sulla prestigiosa Hyperdub - dal suono scarno, architettonicamente ritmato. La voce si avvale a volte di artifici elettronici che ne raffreddano la vocalità incastrandosi tuttavia sempre nelle strutture musicali spigolose con grande gusto. Stilofonica.

 

“Platform” è il secondo album di Holly Herndon. Uscito nel 2015, ha ottenuto ottimi riscontri di critica e ha stimolato una serie di analisi più  meno compatibili con i contenuti musicali, derivanti da una filosofia di vita e di rapporti interpersonali  saldamente intrecciata con la tecnologia, come racconta più volte lei stessa nelle interviste -. Sicuramente è un album difficile e interessante che necessita un respiro più ampio per essere ascoltato, diciamo che bisogna essere disposti a seguire la voce, anche qui trattata in vari modi, che percorre melodie su frantumazioni ritmiche, cristalli calpestati, in dialogo costante con i suoi alter ego digitali. Da vedere i live, in particolare quello al The Teragram Ballroom, dove sovrappone magistralmente loops vocali e poco altro.    

Roberto Cagnoli