STRADE PARALLELE
Il pianista si siede davanti alla tastiera. Le dita, veloci, suonano, annotano sul pentagramma, cancellano, riscrivono. Il chitarrista, curvo, cambia gli accordi e prova l'intonazione della voce. Questa (e altra) la composizione musicale fino ad un po' di tempo fa, poi l'informatica aiuta e sospinge il compositore verso strutture più articolate, ad una visione senz'altro allargata, supportata da software e hardware dedicato.
Gli ultimi anni il musicista si è evoluto e molti hanno scelto di trovare una nuova via alla composizione legata allo strumento musicale esteso, ovvero un insieme di dispositivi per produrre suoni, per modificarli e riprodurli in pubblico in un modo determinato, un’estensione dello “strumento preparato” ampliamente utilizzato nella musica contemporanea.
Ora che vi ho confuso abbastanza le idee prendo una delle direzioni possibili per spiegare.
Il compositore 2.0 sceglie a priori il suo setup, composto solitamente da uno strumento “tradizionale” e da altre macchine atte a modificare in modo sostanziale il suono originale. La novità è che la macchina che modifica il suono originale è sullo stesso livello di importanza dello strumento base, senza gerarchie.
La scelta del setup è quindi parte della composizione perchè ne condiziona concretamente l'esito. L'ultimo tassello – opzionale - è l'impianto audio che, durante il live set, diffonde quanto prodotto e che può essere inconsueto per posizionamento e quantità dei diffusori.
A monte di tutto questo c'è anche la scelta di realizzare la propria musica in studio e distribuirla tramite un supporto fisico o digitale, oppure di consentirne anche l'esecuzione dal vivo o ancora farla vivere solamente nel momento in cui viene creata.
Portare la propria musica davanti ad un pubblico prevede l'accettazione implicita di imprevisti dovuti ad errori esecutivi e défaillance tecnologiche da gestire in modo da riprodurre non tanto (e non solo) la sequenza di note ma il mood intero del brano.
E' evidente che la creazione musicale dipende da una serie di variabili parzialmente controllabili (e questo per alcuni è un valore aggiunto) e pertanto la riproducibilità dell'atto diviene pressoché impossibile cristallizzando l'esecuzione come composizione. L’errore può divenire un’opportunità se considerato uno stimolo a prendere una via inattesa e non una iattura catastrofica.
Parlando con vari musicisti sul come raggiungono il loro scopo musicale si scoprono metodi diversissimi, rigorosi, aleatori, empirici, filosofie opposte e contrarie, dall'amplificazione del battimento delle pietre a sofisticati sistemi di modulazione, all'utilizzo della gesture corporea come controllo parametrico.
Lo spartito – e non è certamente una novità – sparisce per far posto, quando va bene, ad elementi grafici, utili solo come traccia mnemonica, tramite colori, segni o immagini.
La composizione trascende la possibilità tecnica dello strumento permettendo di essere musicista al non-musicista, e di scolpire gradualmente o immediatamente l'emozione della creazione.
Tutto questo per raggiungere l'obiettivo – speriamo – di esprimere in modo compiuto la propria arte con l'iperstrumento che funge da interfaccia bidirezionale tra l'artista e il fruitore. Tralascio volutamente la ricerca di soluzioni originali buone sole come curiosità, ma consiglio un ottimo esempio di “sassofonista espanso” con una performance live di Piero Delle Monache Vedi su Youtube
I musicisti percorrono, per caso o per scelta, multiple strade parallele che a volte però si incrociano e creano nuovi spazi sonori. Sta a noi abitarli.