Liber matrum - Verena
La lussuria è il suo stemma. Etera offertasi, di sua propria sponte, ai carnefici giunti da ogni dove. Cibo per le belve affamate. Serva per vocazione. Verena è la goduria dell’amplesso, l’estasi dell’orgasmo.
Donatasi all’universo intero per tramite della madre di tutte le madri: Notte. Verena è nello zampillo che scaturisce dal sesso di Notte e scorre nella fantastica complessità dei suoi sogni, ovvero di tutto ciò che esiste.
Le forme giunoniche le fanno scintillare: cosce libidinose, le cui linee morbide sono scolpite su di una pelle marmorea, lucente come ossidiana; fianchi vellutati che si slanciano nelle gambe, maestose sinuosità concupiscenti sorte da natiche perfette, voluttuose; le incurvature fioriscono ai seni, abbondanti, accoglienti, statuari; i suddetti pomi fanno da base al viso pieno, dove la brama di corpi spadroneggia: lo sguardo ammiccante, le labbra gonfie e umide, le guance sporgenti coperte di stelle, la fronte spaziosa nata da un naso sottile ed elegante. Un singolo neo che sembra racchiudere tutti i segreti dell’oscurità.
Verena è l’attrazione carnale nella sua forma più elevata e pura. La sua sola presenza provoca l’avvicinarsi degl’esseri, l’avvicendarsi dei desideri, l’avvalorarsi, parola per parola, dell’intero almanacco erotico di tutto quanto sia fantasticabile.
E non solo. Verena rappresenta il momento della resa nell’atto del fondersi di due anime, di due enti. Il movimento interiore – che può precedere una più evidente azione concreta – di arrendersi e affidarsi e perdersi totalmente nell’unione. Porsi al servizio di un amore più grande. Rinunciare a sé. Sacrificarsi.
Santa tra i santi. Verena è il sacrificio, il sacrificio che annuncia la morte.