Bestiarius immaterialis - Topo morto

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Isolato, cacciato a vista dagl’incubi.

Roditore senza niente da rodere. Inventore della masturbazione perpetua: abbietta pratica degli esseri – o non-esseri – della sua specie. Pelo ispido e bruno, sporco. Squittii fastidiosi, suoni di lamento e disgrazia. Una malinconica melopea antica gli suona negli occhietti-bottoni, piccoli e neri, mentre riverbera la eco delle sue solitudini.

Sopravvive scappando, correndo lontano dal rimorso artigliato alla sua schiena. Non si ferma, non rallenta, non torna indietro. Le quattro, otto, sedici, trentadue e più zampe zampettano via all’unisono come rami spezzati dalle sferzate di vento – una musica che non si ferma mai ad ascoltare, il ratto codardo. Infine, rintanato nei meandri più remoti, sta, semplicemente sta: neghittoso, fermo, saturo di ripetizioni.

Perché? Il suo istinto risiede nella paura. Il suo sentire è fatto in modo che ogni minimo rumore, anomalia o cambiamento lo facciano sobbalzare in singulti d’ansia. Perché? Anela alla sicurezza, non alla pace. Desidera l’assenza di pensiero, di azione, di scelta. Persevera nella sua ricerca di noncuranza. Assurge alle risposte e soprassiede alle domande. Non è un topo, semplicemente: non-è.

E quando uno spirito, in stato di veglia, ne avverte il rosicchiare lontano, tutta quell’ignavia lo punzecchia fastidiosamente, fino a contagiarlo, fino a fargli desiderare la risposta: il topo è morto ma la sua condanna ti ha raggiunto e ti toccherà.


Testo: Andrea Cafarella

Illustrazione: Emiliano Martino


l'immagine di copertina di questo blog è stata realizzata da lucia foti