Bestiarius immaterialis - Roccia scura

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Nelle profondità cavernose del deserto, dove la sabbia si è condensata diventando pietra che origina monti, colline, pareti a strapiombo sul mare arancio, e tra di essi, nelle pieghe ondose dei granelli smossi dal vento, si formano intercapedini perigliose, labirinti levigati con lentissima sapienza dal sospiro dell’assoluto. Dove il fennec si aggira guardingo, accogliendo i suoni nuovi che s’infiltrano nelle tonalità della lunga melodia, suonata dall’aria al suo passaggio tra le fessure. Lì, dove lo scarabeo si poggia in cerca di nulla nel niente. Nell’imo degli agglomerati duri della rena, dove il buio fitto tramuta la luce, da flebile testa di moro in oro puro e luccicante e infine in scintillante lama scolorata che si mischia all’oscurità ubiqua. Esattamente in quel punto recondito cui occhio nudo non può giungere. In una prigione di silenzio. Lì, respira e vive la Roccia scura.

Essa ha coscienza di sé, si sente. È levigata dal sale del mare che la toccò nelle ere passate, ha conosciuto pesci e alberi e foglie che si tuffarono nel vuoto, per sfiorarla prima di morire. Ha aspettato che l’acqua e la sua gorgogliante vita l’abbandonassero nella tristezza della solitudine. Ha rispettato l’inquilina nuova, anzi, i milioni di minuscoli chicchi e pulviscoli minimi che l’avrebbero guardata con l’ammirazione con cui si scruta l’antico – la saggezza del Tempo. Ha accolto il modo che la sabbia ebbe ed ha di formare le sue sorelle, simili a lei ma, forse, incoscienti. Non sa parlare, non conosce linguaggio la Roccia scura. Riflette, rimugina, rimesta le idee, come globi luminosi che fluttuano nell’eterna notte della sua anima in veglia.


Testo: Andrea Cafarella

Illustrazione: Emiliano Martino


l'immagine di copertina di questo blog è stata realizzata da lucia foti