Bestiarius immaterialis - L'ombra del segugio
Occhi di fiamma s’accendono all’avvento del notturno.
Dov’è?
Non trovandosela accanto il cane si tende tutto, ulula all’oscurità e inizia a cercarla con frenetica rabbia. Segue la foresta per i suoi alberi verdi, ora neri; e per i suoi sentieri marroni, ora neri; e per la sua anima immensa, ora assopita e nera. La selva notturna corrobora il pericolo: le tracce si nascondono nelle macchie plutoniche, i rumori sbattono sui tronchi e cambiano il senso dei percorsi, s’insinuano, diventano la notte stessa. Si confondono: lo spazio, i pensieri, le visioni, la Verità.
Il fiuto canino non serve per cacciare l’insensato. Si perde nel fango umido della ricerca infinita, delle piste sbagliate; i lunghi appostamenti nell’attesa di una foglia, su cui una lacrima boschiva si lascia accompagnare al suolo, in planata, e quel delicato rumore impercettibile si fa tuono per il segugio che scatta, e scatterà durante tutta la lunga assenza del Sole: il suo unico vero padrone.
Al ritorno della stella si stenderà immenso lo spettro della sua esistenza – del suo abbaiare e del suo ansimare, con la lingua penzolante oltre la parte destra delle lunghe labbra pelose – e ridiventerà, come ogni giorno, il compagno fedele, ombrifero, di quello storpio animale del buio. Il miraggio di una presenza, l’apparenza del percepirsi.