Bestiarius immaterialis - Il castoro inoperoso

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All’interno della Grande Foresta non c’è animale più pigro, rigidamente metodico, del castoro. Poltrisce sul fiume che serpeggia fino a valle.

È una tribù, una famiglia estesa, una comunità fitta di corpi pelosi e bagnaticci, il cui pregio più spiccato risiede nelle zanne fissate all’interno della bocca: gli incisivi, e nelle zampe pinnate, nuotanti, atte a spostarne la carcassa, senza sforzo, tra la riva e la diga, la diga e la riva. L’occupazione cosmica, il contributo all’universo, l’azione definitiva di questo animale è la costruzione di dighe. Dall’alba dei tempi – costellata di leggende ancestrali e brandelli di voci periture – le costruisce per viverci dentro. Dormire, sognare, cibarsi, tutto quel genere di cose che un essere compie per sopravvivere, dentro una diga.

Vi è un esemplare leggendario, unico, tra questi bizzarri animali, che trova l’attività di edificazione delle dighe-tane inutile. Ha smesso di usare le sue zanne, che non sono cresciute. Ha smesso di usare le sue pinne e si sono rattrappite. Lentamente si è sollevato sulle zampe posteriori e ha iniziato a camminare. Vive in una tana scavata all’interno di un albero e intrattiene cordiali rapporti con gli altri esseri della sua razza; lo ammirano, pensa lui. Lo annusano, come sempre, si strofinano su di lui mentre il castoro nullafacente li accarezza dall’alto della sua nuova statura e, di tanto in tanto, si affaccia da una fessura del suo albero e guarda il fiume, e muore di nostalgia.


Testo: Andrea Cafarella

Illustrazione: Emiliano Martino


l'immagine di copertina di questo blog è stata realizzata da lucia foti