Bestiarius immaterialis - Homo antecessor
Pochissimi esemplari, dislocati nello spazio a siderali distanze, persistono tra le foreste, i monti e le piane. Si riuniscono in famiglie allargate creando un patto di sangue inscindibile, un accordo che si fonda sulla reciproca consunzione: il vicendevole mangiarsi. Questo è il modo in cui Homo antecessor resiste, sopravvive, si reincarna in sé stesso originando un vortice chiuso di vita che si autoalimenta.
La pelle duttile è come un tessuto, tirato dagli apici fino allo stremo – terminazioni che non esistono di un drappo senza inizio né fine, conchiuso in se stesso – involucro di muscoli gonfi e vivi, sempre pronti all’azione, che si contraggono e distendono in un perpetuo danzare armonico: un simbolo. I rari esemplari di Homo antecessor parlano con il corpo: si toccano e conoscono già i fiumi di linguaggio che l’altro, simile, vuole trapassare, dal proprio al corpo altrui. Non hanno bisogno di parole, che d’altronde non conoscono. Il passaggio di un dito sulla fronte può voler significare tutto lo scibile del cosmo interiore, oppure niente, solo affetto, o ancora un semplice suggerimento, una richiesta, un’informazione utile. Quello che conta è l’intenzione, la volontà.
La mascella dell’Homo antecessor è dura e imponente, fa spavento al piccolo cranio che su di essa poggia. E su questo dissidio si basa la gestualità della reincarnazione, il primo vero rituale di Homo, il primo passo che crea distanza dalle bestie, il pactum.
Homo incide con una pietra la fronte spaziosa della vittima sacrificale, solitamente un esemplare di sesso maschile, ne assaggia il liquido linfatico rosso che sgorga fino alla bocca della stessa vittima, mischiato alla saliva del carnefice. Anch’ella assapora il gusto di quell’unione, leccandone i liquidi mesciti in un’unica pozione fluida.
Il secondo squarcio è quello decisivo: un taglio profondo al collo seguito da un morso famelico e rapidissimo, per non disperdere nemmeno una goccia di Vita, per rigenerarsi: il carnefice e la vittima, e viceversa, in questo infinito e straziante supplizio sensato.