"LE NOTTI DEL TERRORE" (Zombi horror)
Ci risiamo.
Sono ancora una volta (ma lo sono sempre), a scavare nel sottobosco della storia del cinema italiano, negli anfratti di un genere (o sottogenere che sia) di cui sono devoto sostenitore - l'horror - e se il fiuto non mi tradisce, le ricerche mirano sempre alla riscoperta di qualche bel filmetto, ma di quelli tosti, di quelli che “arrapano” i nostri pensieri più deviati...
Il discorso si farebbe lungo: quindi, per farla breve, la curiosità randagia mi porta al recupero della cinematografia più oscura, per un amore misto a dannazione, quindi, senza scadere nella facile “rivalutazione” del caso, eccomi qui, sul pezzo, pronto a scrivacchiare su di un film, ma uno di quelli strani, sporchi, reietti, spesso ghettizzati dalla critica, e del perchè certe perle scatenano in me una stranissima dipendenza...
Se ho già speso tempo e spazio (basta navigare sul mio blog “Cinefilia randagia”) per il leggendario “Zombi 3”, non posso sottrarmi nello scrivere su di un altro sublime “zombiexloipion all'amatriciana”, visto che dopo i fasti internazionali del celebrato "Zombi 2" di Lucio Fulci, del 1979, i morti viventi avevano goduto di una certa fama cinematografica in Italia, e per risposa internazionale, tenendo sempre conto della rilettura “modernista” avviata dopo “la notte dei morti viventi” di Romero. Quindi, il cinema rispondeva alla richiesta, che voleva pellicole di e sui morti viventi, con la messa in produzione e distribuzione di film, fatti e sformati per placare la fame (nervosa) del pubblico che fruiva nelle sale, chiamando a raccolta registi ed artigiani della settima arte, anche lontani dai fasti della paura, a cedere il loro volere, spesso solo per fini alimentari, tanto per contratto...
Così, nel 1981, Andrea Bianchi gira "Le notti del terrore (Zombi horror)", una delle tante pellicole di basso costo, realizzate seguendo la richiesta. Su carta, resta un “horrorazzo” di maniera, per una disarmante storiella di morti resuscitati e di vivi pronti soltanto a farsi divorare, e violentare, da questi luridi esseri, condita con tutti i clichè della peggiore specie: cioè tanto gore, sangue e frattaglie, violenze ed atrocità assortite, ed una “sana” spruzzata di morboso sesso che, diciamolo, non guasta mai. Quindi, agitare il tutto, bene bene ed ecco venire fuori il cultissimo del nostro Bianchi. Un nome, anzi, un cognome che, per chi mastica certe cose, e per chi le sa masticare, era per lo più legato al filone “pruriginoso”, visto che al suo attivo aveva già un titolo di tutto rispetto: "Malabimba", una vicenda perversa di possessioni sataniche, un horror/erotico (più erotico che horror), sulla falsariga del mito degli “esorcismi", allora in voga... Adesso è il turno dei “morti viventi”, anzi dei “mortacci” viventi, ed Andrea Bianchi, come detto, dona ai posteri uno di quei film da riscoprire, se non altro per curiosità cinefila, forse per tutti i suoi difetti, tanti, e per i pochi pregi, ma non così oscenamente brutto come dicono. Anche perchè, i peggiori difetti possono essere pregi, basta saper cambiare la prospettiva di visione e di lettura... Sto esagerando? Forse si. Leviamoci il dente guasto: "Le notti del terrore" è il film che è...
Quindi è un brutto film? Certo, sarebbe disonesto dire il contrario, ma il suo fascino sta proprio in questo, ed è quello che attira la mia attenzione, nell'essere uno scalcinato b-movie di serie zeta. Perchè tutto, in questo film, è palesemente falso, traballante, tutto scivola nel delirio più ridicolo, di un orrore che sa di baracconata. E' però pervaso di una strana atmosfera, come già lo era "Malabimba", per l'unione parossistica di eros ed horror, rimarcando quella che io chiamo come la sindrome del "brutto anatroccolo", e che lo rende per questo intrigante, visto che di film così ne abbiamo stranamente bisogno. Soprattutto oggi, in epoca di horror ben confezionati, compitini fatti diligentemente, puliti e senza sporcature, ma proprio per questo, devo dire, poveri di ingegno, di follia e coraggio, e di una malsana creatività...
Ma torniamo al film: la storia è quella di uno scienziato/archeologo, che, in maniera alquanto improbabile, risveglia, durante uno scavo in una necropoli etrusca, un'orda (!) di famelici zombi, i quali, mossi da una non chiara vendetta, andranno ad insidiare, affamati di vivi, la villa del professore stesso (che ovviamente è diventato uno di loro, un non morto) in cui, si sono ritrovati per trascorrere uno “stano” fine settimana, un gruppo di persone, invitate dal prof stesso. Da qui, tanto è scontato il tutto, si scatenerà l'apocalisse, in un tripudio violento di “effetti” ed “effettacci” dei più splatter, fino al colpo finale, non male, devo dire, dove i nostri cari zombi claudicanti avranno la meglio. E' un film sporco, delirante, pessimista, ma soprattutto perversamente cattivo, con un finale senza speranza, ed è quello che salva la pellicola di Bianchi, perchè non ci lascia immaginare della disfatta, ma c’è la mostra nuda e cruda, anzi, scusante nude e crude (per le numerose scenette di sesso casalingo), in cui i morti viventi si vendicheranno per essere stati svegliati dal loro riposo eterno. "La notte del terrore" resta uno dei più scalcinati horror/movie mai realizzati, almeno nello stivale, con effetti visivi (del truccatore Gino De Rossi) palesemente posticci anche se funzionali, sempre nei limiti del caso*. Ma ciò che colpisce, è il clima Il tutto sessualmente malato dellaa vicenda (in particolare nel rapporto edipico tra il piccolo Michael - interpretato da Peter Bark/Pietro Barzocchini, attore all'epoca ventiseienne con problemi di nanismo - e sua madre, che ha il volto, ed il corpo, di Mariangela Giordano - e questo rapporto al limite dell'incestuoso sfocerà in una delle sequenze più allucinanti e malate della storia del cinema di genere!!! Vedere per credere, anzi, crederete vedendo!!!)
Insomma "le notti del terrore" è quel cinema senza via di scampo: per questo, merita una visione, ma senza leziosità, senza glorificarlo al sacro fuoco delle opere incomprese, ma per dargli il giusto (e dovuto) tributo, perchè racconta un pezzo della nostra storia cinematografica. E', quindi, si perdonano certe cose a Bianchi, anche se i dialoghi sono terribili, gli attori recitano (recitano?) non so bene come. Poi il tutto, come già scritto, sembra volgere ad un "pornazzo" di bassa lega, e la storia inciampa spesso e pesantemente nel ridicolo, ma quando appaiono loro, gli zombi, i nostri cari ritornanti ("...sono mostri viventi" grida nel delirio uno degli sventurati ospiti, intento a “formicare”, guardà un pò, con una delle piacenti ospiti...), ansimanti (ansimanti?) e truccati con palesi maschere, con quelle bocche sdentate e coperti da sudicie tuniche, ecco che tutto si manifesta, tutto è già storia...
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