Macerie
La città dove vivo da qualche anno è diventata bruttissima.
Dove vivo adesso si sta sul lago, e se c’è il sole d’inverno è bello. Sul lago. Se si guarda verso il
lago.
La città dove vivo negli ultimi diciamo 20 anni hanno distrutto quasi tutto quello che c’era di case e palazzi. Sostituendoli con condomini di lusso.
La città dove vivo hanno costruito condomini alto standing li chiamano.
Ci possono vivere i ricchi. E basta. Quelli normali per trovare una casa devono avere culo. O andare via dalla città.
La città dove vivo per trent’anni ha avuto lo stesso sindaco. Quel sindaco di mestiere, oltre al sindaco, faceva il costruttore e l’architetto.
Nella città dove vivo lavoro in una radio. Una volta ho chiesto ad un poeta se non c’era un problema di democrazia con un sindaco che faceva il sindaco per trent’anni. Non ha saputo rispondere. Avrebbe voluto dire che si, era un problema democratico. Non proprio quel sindaco. Ma il sistema che gli consentiva di fare affari e far crescere una rete di relazioni politiche e affaristiche.
Nella città dove vivo adesso c’è un sindaco nuovo. Che non fa il costruttore. Già meglio. Poi lo trovi sempre alle cose che succedono e spesso sono pure interessanti. Una specie di presenzialismo acculturato. Che insomma in qualche modo sostiene quelle esperienze.
La città dove vivo si chiama Lugano, e da tanti anni è diventata bruttissima.
Poi due o tre anni fa è successo qualcosa.
Nella città dove vivo è successo che qualche energia si è liberata e si è cominciato a suonare bella musica, e quella musica si è portata dietro brave persone che a quella città ci tengono. Devo dire che molti anni fa c’era bella musica, era il jazz, che ancora si suona: tanti fantastici musicisti sono venuti e ancora vengono ma il pubblico che li segue è quello che li seguiva venti trenta anni fa.
La storia di questa musica che è arrivata nella città dove vivo forse inizia con una coppia che suona una specie di art rock contemporaneo, che guarda un po’ ai Blonde Redhead degli inizi. Una bella miscela tra Sonic Youth e Blonde Redhead, toh. Insomma nella città dove vivo si è cominciato a sentire una musica interessante che non poteva reggere la bruttezza senza provare a fare qualcosa.
Questa coppia di musicisti di chiama Peter Kernel: basso e chitarra, voci, e diversi batteristi a girare.
Poi questa coppia che forma i Peter Kernel ha fondato un’etichetta indipendente, che ha vinto dei premi per la miglior etichetta indipendente in Svizzera, e poi addirittura il secondo premio della musica svizzera. Un gruppo art rock. Voglio dire. E’ come se in Italia il premio di San Remo (più o meno) lo vincessero gli Zu. Più o meno.
L’etichetta si chiama On the camper Records, e sotto di lei sono cresciuti altri gruppi, che poi tutti insieme hanno fatto un Festival lo scorso anno. Un festival tutto esaurito per tre serate di musica indipendente in una città che era diventata molto brutta fatta solo per ricchi russi tedeschi e americani che cercano il sole anche d’inverno. Qualcosa stava succedendo.
E poi quest’anno l’hanno rifatto, il festival, è lo hanno intitolato Tessinoise.
E dentro c’era i gruppi che sono nati nella città, i gruppi invitati dall’Europa, e poi idee su come abitare vecchi spazi che avrebbero distrutto presto.
Nella città dove vivo da qualche anno, piano piano le cose sembrano cambiare. Le case belle e vecchie continuano a buttarle giù, e continuano a rimpiazzarle con condominii alto standing dove vivranno solo russi e tedeschi ricchi. Ma almeno capita di finire in certi posti che sembra Londra, Zurigo, Milano. Non voglio dire New York, ma l’energia è bella.
Nella città dove vivo ho cominciato a pensare che la musica potesse salvare quello che era restato di originale.
C’erano i Rocky Wood, un trio che proponeva un genere folk rock molto melodico senza troppi guizzi, ma che si faceva ascoltare. Onesti.
I già citati Peter Kernel, che per quello che ho potuto vedere e ascoltare macinavano energia e creatività senza dare troppo peso alla tecnica. Una notevole miscela di rock tesissimo e abbastanza originale per i nostri tempi (anche se come detto se si ascoltano le prime cose dei Blonde Redhead era in parte già tutto li, magari i PK hanno attualizzato certe scelte estetiche).
Ora il punto non è tanto su quanto siano fighi certi gruppi, se facciano o meno delle cose innovative. Tutto è stato detto, fatto, commentato, figurati, ci mancherebbe, chi non ha da ridire su quel suono, sui suoi riferimenti, citazioni e rimandi? Il fatto è che all’improvviso si intravvede una possibilità, che nella città dove vivi le cose possano cambiare, o almeno che in quella città lo sdegno per quello che sta accadendo non è solo il tuo, ma di molti, di alcuni, non importa, basta per alleviare, di condividere lo sdegno. Il rock forse serve anche a quello, mi è parso in questa città dove vivo, che il rock sia un potenziale aggregatore di sdegno. Da li poi sta a noi far uscire i fatti, l’opposizione, il racconto di una demolizione.
Enrico Bianda