Olim
1.
Olim
In questa operosa tentazione di essere
Mi sono sentito spesso svestito
E ancor più spesso
Fragile.
Ma quell’autunno era invaso
Tutto da una fresca estate ardente
e la tua solita guancia aperta
pronta allo sbadiglio
mi ricordava non la noia
ma un’occasione per ridere di gusto.
Quell’autunno
Eravamo in montagna ed io pensavo al mare.
Tra la neve e i ricordi e gli alberi così alti.
Quell’autunno anticipai le forme.
E non mi stupii se guardando la verde foresta,
osservai una barca.
Che con quegli alberi, non c’avevano fatto dei remi e degli scafi?
Che con quegli alberi, non avevano solcato il mare?
Il salpare per la neve pareva uno scalare un’onda assurda.
Quell’autunno anticipai le forme:
E affacciato sul crinale dei miei monti sparsi
Avvertì come fresco
Il bisogno del deserto.
Per desiderarci ancora, per perderci di nuovo,
per incontrarci almeno,
abbiamo bisogno della neve e del mare.
Ma anche della sabbia e del deserto.
Per desiderarci dobbiamo anticipare le forme
E poi le dobbiamo disertare.
2.
Chi me le acconcia queste conchiglie sparse
Tra il mare
E i miei piedi ardenti.
Chi la mette in fila questa natura umanissima
Che non sono ancora in grado
di interpretare.
Come le stringo a me
Queste onde perse, che anche ora,
vanno a perdersi. Lontane. Laddove.
Come lo afferro questo orizzonte
Che fugge sotto la sua sabbia, questa criniera bianca
D’onda, che emerge nell’acqua incerta
e che mi fa perdere puntualmente il filo del discorso.
Cosa c’è in questa natura così umana, in queste onde fosche
E nei miei piedi ardenti,
In questo rumore sottile, in questo bagnarci d’acqua;
Dentro queste lettere ondivaghe
Prima bianche, poi, forse, blu.
Cosa c’è in questi cenni d’acqua d’un onda che viene o d’un’altra che va.
C’è un vago ricordo di pancia e di madre;
c’è un vocabolario che non sospettavo o
non avevo scoperto.
Tutto, qui.
3.
Qual è la misura dei mezzi termini
Quale l’istante tra due sogni.
Qual è quell’istante che distingue le cose,
e le differenzia,
per evitare che tutto
sia tragicamente, un’unica cosa.
Quella volta, in quell’istante e quella notte,
Tutto sembrava uguale. Imperfetto.
I rami avevano la solita forma che gli conveniva
e i flutti, e la notte ingorda
Portavano appresso una mancanza.
Proprio la precisa mancanza di un istante che serviva.
4.
È piena di talismani e di Urì
Ogni buona promessa.
Ogni modo di dire (spruch, speech) vibra
Sulla lingua altrui,
in un modo di dire diverso.
E nel frattempo io tremo nel mio mare.
Dove fugge la mia voce
Se mentre la pronuncio
Non ne vedo la linea,
la coda,
la sua traccia.
C’è soprattutto del blu,
attorno a me.
La mia agonia, che trova origine
Nel mio trasportarmi, chiede
Per far si che smetta
Di trasportarmi ancora;
e solo così mi libererò.
Ho annunciato le mie accuse alla voce dei deserti,
e le sentenze erano di sabbia,
Le ho annunciate poi alle bocche delle onde profonde e degli abissi,
e le sentenze, erano solo acqua salmastra.
Così,
nelle linee puntuali della sabbia e del deserto,
nelle forme ondivaghe delle maree e del mare,
ho perso il mio giorno.
E quella volta, non avevo nient’altro.
5.
La ripetitività è il gioco delle soluzioni.
Non è così che si placa l’agonia di certi uccelli
Che incessanti ripetono il loro rito d’amore
Fino ad atto compiuto?
Non è in essa la forza del mendicante
Che ripetendo allo stesso angolo della strada
la sua richiesta, ottiene ricompensa?
Non fanno così le donne in nero,
Che sgranano rosari,
replicando le stesse parole per fugare ogni dolore?
Ri-pe-ti-ti-vi-tà
D’improvviso il mio occhio si faceva istante
E raccoglieva le ombre venture del mio presente:
Immaginavo deserti di cicale cantanti,
lame di inquietudine indomate;
forme così sapute da sembrarmi inconsuete.
Come si rompe la quotidianità?
Ho sfogliato l’orizzonte in un solo salto
E non ho avuto paura di finirlo
Perché non avevo patria dove andare.
Ho masticato lentamente le scorze dure delle cose
Ed ho pregato con le tue mani,
preghiere mie e mie soltanto.
Ri-pe-ti-ti-vi-tà
Mi sono visto come cieco
Nel bel mezzo di un cortile:
lo spazio era ristretto e non scorgevo
né forma né colore.
Quanti sguardi ha raccolto quel mare?
Ripetitività
Presi della sabbia,
di nuovo, tra le mani.
Ora avevo un deserto tra le impronte
O era l’occasione di crearmi un’altra estate?
La ripetitività è la soluzione delle cose.
Nicola Dimitri (testo e immagine)
Nicola Dimitri, pugliese, ha venticinque anni. Laureato in Filosofia del Diritto, è studioso di Wittgenstein e Derrida. Vive a Verona, collabora con giornali e riviste d’arte.