Un hotel sparito con la nebbia
Un collega in pensione scrive:
La nebbia che avvolgeva il mondo notturno e che conduceva verso l'hotel ed era là fuori ad aspettare nel grigiore dell'alba a fine turno non c’è più.
Le pareti della hall erano pallide. Il televisore attorniato da poltrone e divani vuoti restava acceso ma silenzioso. Nessuno guardava le riprese dal vivo della nebbia, o della neve che cadeva sulle montagne oltre la metropoli.
Allora non esisteva la video-sorveglianza. Era impossibile osservare ciò che avveniva nelle camere di sopra. Molti dei graditi ospiti erano appena scesi da treni alla Stazione Centrale a pochi passi dall’hotel. Avrei visto solo filmati di gente che dormiva al buio. Ma ogni tanto entravano sgargianti uccelli notturni, sbattendo le ali per scaldarsi. Si afflosciavano sui mobili rimasugli della Fiera e mettevano in mostra le loro piume. Ci sarebbe voluto un cuore di pietra per scacciare quelle lavoratrici.
Al mattino la brumaglia residua era invasata da immagini di ciò che avrei potuto vedere e fare con loro, se non avessi avuto tanta paura di tornare nel mondo dei disoccupati.
Condividevo la stanza dove dormivo durante il giorno con diversi uomini. Era dall'altra parte della città, ma ci andavo sempre a piedi, malgrado l'entrata della metro si trovasse appena fuori l'hotel. Uno sguardo sul mondo illuminato a giorno. Ora, anche se avessi voglia di tornare al palazzo dove ho passato buona parte della mia vita, non lo ritroverei più. La nebbia lo ha portato con sé, dovunque sia andata.
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A Hotel lost in the Fog
A retired colleague writes from Milan:
The fog that once wrapped the night-world and the streets that led to the hotel and waited outside in the grey dawn at the end of my shift has lifted permanently. It’s gone.
The walls in the lobby were pale. The television around which the bulbous, empty sofas and chairs were arranged was left on, without the sound, which would’ve been nothing but static anyway. The glowing machine showed live coverage of the fog and the snow that fell on the mountains beyond the city, to no one.
Security cameras hadn’t been invented yet. There was no way to observe what went on in the rooms upstairs. Most of the guests had just alighted from trains at the Central Station, not far away. There would've been views of people asleep in dark rooms, not terribly interesting. Gaudy nightbirds occasionally flapped in out of the damp and cold, fell onto furniture left over from the yearly design fair and showed off their plumage. Only a night clerk with a heart of stone would’ve chased them away.
Remnant fog was haunted with images of what I might've seen and done with those other night-workers, if I hadn't been so afraid to reënter the world of the unemployed.
During the daytime I slept in a room shared by a few other men. It was all the way across town. but I always walked, even though the entrance to the subway tunnel was just outside the hotel. To catch a glimpse of the day-lit world. Now, even if I wanted to re-visit the building where I spent most of my life, I wouldn’t find it. The fog took it away, to wherever it went.