Kwakwaka'wakw
Ricordo molto bene le mie prime lezioni di antropologia culturale all’università. Il professore si presentava proprio come immaginavo dovesse essere un antropologo. Nella mia fantasia indossava il classico gilet pieno di tasche e gli occhiali rotondi e spessi. Anche se probabilmente non è così, – cercando oggi le foto su Google – mi sembra più probabile che indossasse una semplice giacca, magari leggermente sgualcita, oppure di quelle a costine. Preferisco però la mia versione immaginale.
In ogni caso, la cosa che ho memorizzato con maggior precisione di quelle lezioni, e che racconto spesso, non so proprio perché, è la famosa analisi del rituale Kwuakiutl chiamato Potlach – che ho attribuito erroneamente per anni a Lévi-Strauss, prima di tornare a studiare Franz Boas da autodidatta (evidentemente con maggior attenzione). Allora ho cominciato a ricollocare il celeberrimo Saggio sul dono di Marcel Mauss e le ricerche di Malinoski, in generale tutta la storia dell’antropologia di inizio secolo.
In questi mesi è stato pubblicato un libro di Charles King dal titolo emblematico La riscoperta dell’umanità. Come un gruppo di antropologi ribelli reinventò le idee di razza, sesso e genere nel XX secolo (Einaudi, 2020). Con una prosa assai godibile King riesce a raccontare come due generazioni di studiosi hanno cambiato il modo occidentale di vedere il mondo nell’ultimo secolo, diventando i padri e le madri del relativismo culturale. Sono le avventure di Franz Boas ma soprattutto delle donne e degli uomini che con affetto lo chiamavano Papà Franz, i suoi allievi e collaboratori; ovvero il fulcro di questa rivoluzione ideologica senza precedenti. Ruth Benedict, l’assistente più vicina a Boas, “madrina” di Margaret Mead – vero centro del racconto, anche per la sua interessante biografia – Reo Fortune, Edward Sapir, Gregory Bateson, Zora Neale Hurston, Ella Deloria e tantissimi altri personaggi non meno interessanti di quel periodo così difficile e complesso, eppure così fruttifero e trasformativo.
Leggendo questo libro (considerando anche il romanzo, scritto nel 2014 e pubblicato in italiano nel 2016 da Adelphi, di un’altra autrice di nome King, Lily King; libro che s’intitola Euforia e racconta le vicende del triangolo amoroso Mead-Fortune-Bateson) mi sono chiesto: per quale motivo tornare su questa storia adesso? A cosa serve un altro libro sulla storia del gruppo di antropologi legati a Papà Franz?
Sembra incredibile ma un’altra rivoluzione del pensiero è in atto e proviene ancora una volta da questa giovane scienza che ha saputo cambiare sé stessa e così trasformare, non la materia o il campo d’indagine della propria ricerca, ma il punto di vista, la posizione, i panni dell’osservatore, il nostro intero universo semantico. In questo senso l’antropologia non è solo una scienza decoloniale ma anche anticoloniale. Una scienza che guardando verso l’esterno trasforma completamente l’interno, sia individuale che collettivo, delle nostre esistenze.
Studiando i testi degli antropologi che operano ai nostri giorni, ho compreso (o quantomeno credo di aver capito) perché ora più che mai sia importante – di vitale importanza – tornare sulle storie di Boas, ma soprattutto di Benedict e Mead, per non ripetere gli errori di un tempo e imparare finalmente ad accogliere la rivoluzione che l’antropologia contemporanea ci propone, affrontando le nostre resistenze e sgretolando i meccanismi dogmatici incancreniti nel modo di vivere occidentale. Quella del gruppo di Papà Franz è una lezione che può insegnarci ancora molto, sull’ascolto profondo di noi stessi e sul mettere in discussione l’apparentemente ovvio, per andare oltre noi stessi e, forse, guarire.
Per approfondire
Videografia parziale
I grandi dell’antropologia
Biografie antropologiche di Andrea Staid
Bibliografia parziale
Franz Boas, L’uomo primitivo
Franz Boas, Arte primitiva
Ruth Benedict, Modelli di cultura
Ruth Benedict, Il crisantemo e la spada
Margaret Mead, Maschio e femmina
Edward Sapir, Cultura, linguaggio e personalità
Gregory Bateson, Mente e Natura
Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente
Zora Neale Hurston, Barracoon. L’ultimo schiavo